Silenzio radio da parte di R. Non un messaggino per sapere se sono vivo o morto e non dico una chiamata, che sarebbe troppo chiedere, ma neanche un’e-mail. Mi sono a lungo interrogato sulla natura della nostra relazione e sul masochismo intrinseco nel mio atteggiamento, ma ne parleremo in un altro momento. Oggi no, oggi ho proprio voglia di sbattermene sovranamente i coglioni. Ho la testa altrove e ne sono ben felice.
Oggi mi piacerebbe essere quella troia in calore che Santi il vizioso brama di avere tra le mani per sfinirla a colpi di cazzo. Mi ha già scopato due volte, il Santi, e sempre con risultati eccellentissimi. La prima volta che ci siamo visti ero mosso più dalla curiosità di provare quella mazza che mi aveva mostrato in fotografia e in tutte le salse, che dalle sue parole - vaghe, ma si intuiva già una certa gradevole maialaggine.
L’appuntamento era a casa sua. Si è presentato in maglietta e pantaloni della tuta e subito ho notato il film porno già ben avviato che scorreva sullo schermo davanti al divano dove ci siamo seduti. Mi ha chiesto se mi dava fastidio che avesse messo su quel tipo di film e io gli ho risposto “Assolutamente no”, pensando anzi che, se cinofilia doveva essere, almeno la sodomia in primo piano che ci stavamo sciroppando fosse ben più evocativa e adatta alla nostra situazione di, che ne so, “Via col vento”. Abbiamo cominciato a baciarci e presto la sua mano è scivolata sul mio culo.
“Spogliamoci, dài”, mi ha detto allora con quella faccia da ragazzino dispettoso che sembra aver conservato nonostante i suoi 47 anni. Entrambi siamo rimasti solo con gli slip, una sorta di “ultima frontiera” da varcare, fonte di un’eccitazione che andava ad accumularsi a quella che già avevamo. Ci siamo avvinghiati sul divano, uno di fianco all’altro, ma questa volta, mentre la sua mano si fissava sul mio culo, la mia percorreva il suo corpo, che ho trovato bellissimo. Più che muscoloso, è ben proporzionato e, soprattutto, vigoroso. È un po’ più basso di me, un bell’esemplare di torello. I peli sul petto e sulla pancia erano stati solo accorciati, senza raderli del tutto e questo mi è piaciuto assai. Quando la mia mano ha sfiorato i suoi capezzoli, questi si sono messi sull’attenti e mi hanno dato il benvenuto con un invito che non potevo rifiutare: mi sono quindi chinato sul suo petto e ho titillato con la lingua prima uno e poi l’altro, per poi mordicchiarli. Nel frattempo, sentendo l’urgenza di chiarire il motivo della mia visita, ho posato una mano sui suoi slip, pieni fino a scoppiare.
“Ce l’hai durissimo”, gli ho detto. Banale ma vero.
“Mi ecciti”, mi ha risposto con logica stringente.
Caduta anche la barriera dei suoi slip, mi sono ritrovato finalmente a contemplare quel cazzo che non è un cazzo, è un fallo sublime, è il membro ideale, la mazza tanto agognata. Una lunghezza nettamente superiore alla media, uno spessore sensibilmente superiore alla media, una circonferenza costante dalla base alla punta e una cappella perfettamente integrata al corpo della verga, nessuna curvatura ma una perpendicolarità rispetto al ventre di una precisione millimetrica, fanno di questo membro anzitutto un oggetto di design maschile davvero ammirevole. Restava da verificarne l’effettiva funzionalità, perché si sa, uno può anche avere un bel cazzo, ma se poi non lo sa usare... E questo Santi, per fortuna, lo sa.
Detto, fatto. Ho impugnato la nerchia di Santi e in un attimo l’ho fatta sparire nella mia bocca. Non mi sono nemmeno dilettato con il suo frenulo o i bordi della cappella, giocherellandoci con la lingua come faccio spesso con altri maschi, oh no. L’ingordigia mi ha aggredito e non ho saputo resistervi. E così l’ho spompinato mugolando come una troia. Inutile chiedermi, come Santi invece ha fatto, se mi piaceva il suo cazzo, perché sì, diamine, lo adoravo talmente tanto che me lo ficcavo giù fino in gola, senza poter arrivare con la bocca ai coglioni, ahimè, date le dimensioni di quel bell’esemplare di minchia.
“Succhia sto cazzo, succhia, dài, spompinami il cazzo”, ripeteva ossessivamente. Io, culo all’aria, mi facevo volentieri mettere dentro prima un dito, poi due, poi tre. “Che bel culo, puttana, che bel culo”. Oh sì, Santi, così. Finché l’ha aperto tanto che sarebbe stato un insulto non provare a intingerci il pennello. Prima, però, ha voluto ricambiare il lavoretto di bocca, allora mi ha fatto mettere alla pecorina, si è messo dietro di me e ha leccato il culo. La sua lingua passava sopra il solco e si fermava sul buco, penetrandolo quel tanto che era possibile. Dopo, tutto è accaduto con estrema rapidità. Santi ha afferrato un preservativo e se l’è srotolato sul cazzo mentre io, ansimante, sporgevo ancora di più il culo verso di lui. L’ha infilato di colpo fino in fondo, senza nessuna difficoltà, senza che sentissi il minimo dolore, però facendomi gridare dal piacere. In un attimo ce l’ho avuto dentro.
Dopo qualche minuto di forte sbattimento, voleva cambiare posizione, quindi ha estratto il cazzo. Notando che si era un po’ sporcato di merda, si è tolto il preservativo ed è andato a lavarsi. Quando è tornato gli ho detto che preferivo farlo anch’io e così è iniziata una pausa tecnica di una decina di minuti. Quando sono tornato nel suo soggiorno, Santi se ne stava disteso sul divano, assorto nella contemplazione del film. Si toccava il cazzo, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Mi dispiace”, gli ho detto io, pensando che era la fine dei nostri giochi.
“A me non importa, vieni qua”, mi ha risposto Santi, facendomi stendere accanto a lui. Un vero signore. Un gran maiale però un vero signore. E ha risucchiato di nuovo la mia bocca verso la sua, sembrava quasi volesse strapparmi le labbra. Io l’ho aiutato a menarsi e piano piano è stato come un motore che si riavviava lentamente, però sicuramente spinto verso la meta. Altro preservativo, altro giro. Questa volta mi ha messo a pancia in giù, le gambe non troppo divaricate e lui sopra, a darmi colpi di bacino, a farmi sentire il suo peso sopra e dentro di me. Per rendere più facile l’accesso a quel bel cazzone, sollevavo un po’ il culo rispetto al corpo e me lo sentivo entrare fino in fondo. Poi di nuovo alla pecorina, mettendomi due dita in bocca, schiaffeggiandomi e dandomi forti pacche sul culo. Ero immerso in un piacere delirante così intenso che a mala pena potevo capire quel che mi stava quasi gridando: cazzo... il tuo culo... farti fottere... puttana...
A un certo punto lo ha tolto, io mi sono girato e l’ho contemplato, era in piedi con quella bella mazza dura in mezzo alle gambe e ansimava.
“Stenditi su un fianco, di lato, così, che te lo sbatto dentro di nuovo, dài...”. Bella posizione, così ho potuto menarmi il cazzo con lui che mi inculava, finché l’ho sentito gridare “Vengo” e i colpi che dava, rapidi e forti, non lasciavano adito a dubbi.
La doccia, il tè e la chiacchierata sono state senza storia, ma tutto sommato piacevoli. Che ci saremmo rivisti, era evidente a entrambi.
Oggi mi piacerebbe essere quella troia in calore che Santi il vizioso brama di avere tra le mani per sfinirla a colpi di cazzo. Mi ha già scopato due volte, il Santi, e sempre con risultati eccellentissimi. La prima volta che ci siamo visti ero mosso più dalla curiosità di provare quella mazza che mi aveva mostrato in fotografia e in tutte le salse, che dalle sue parole - vaghe, ma si intuiva già una certa gradevole maialaggine.
L’appuntamento era a casa sua. Si è presentato in maglietta e pantaloni della tuta e subito ho notato il film porno già ben avviato che scorreva sullo schermo davanti al divano dove ci siamo seduti. Mi ha chiesto se mi dava fastidio che avesse messo su quel tipo di film e io gli ho risposto “Assolutamente no”, pensando anzi che, se cinofilia doveva essere, almeno la sodomia in primo piano che ci stavamo sciroppando fosse ben più evocativa e adatta alla nostra situazione di, che ne so, “Via col vento”. Abbiamo cominciato a baciarci e presto la sua mano è scivolata sul mio culo.
“Spogliamoci, dài”, mi ha detto allora con quella faccia da ragazzino dispettoso che sembra aver conservato nonostante i suoi 47 anni. Entrambi siamo rimasti solo con gli slip, una sorta di “ultima frontiera” da varcare, fonte di un’eccitazione che andava ad accumularsi a quella che già avevamo. Ci siamo avvinghiati sul divano, uno di fianco all’altro, ma questa volta, mentre la sua mano si fissava sul mio culo, la mia percorreva il suo corpo, che ho trovato bellissimo. Più che muscoloso, è ben proporzionato e, soprattutto, vigoroso. È un po’ più basso di me, un bell’esemplare di torello. I peli sul petto e sulla pancia erano stati solo accorciati, senza raderli del tutto e questo mi è piaciuto assai. Quando la mia mano ha sfiorato i suoi capezzoli, questi si sono messi sull’attenti e mi hanno dato il benvenuto con un invito che non potevo rifiutare: mi sono quindi chinato sul suo petto e ho titillato con la lingua prima uno e poi l’altro, per poi mordicchiarli. Nel frattempo, sentendo l’urgenza di chiarire il motivo della mia visita, ho posato una mano sui suoi slip, pieni fino a scoppiare.
“Ce l’hai durissimo”, gli ho detto. Banale ma vero.
“Mi ecciti”, mi ha risposto con logica stringente.
Caduta anche la barriera dei suoi slip, mi sono ritrovato finalmente a contemplare quel cazzo che non è un cazzo, è un fallo sublime, è il membro ideale, la mazza tanto agognata. Una lunghezza nettamente superiore alla media, uno spessore sensibilmente superiore alla media, una circonferenza costante dalla base alla punta e una cappella perfettamente integrata al corpo della verga, nessuna curvatura ma una perpendicolarità rispetto al ventre di una precisione millimetrica, fanno di questo membro anzitutto un oggetto di design maschile davvero ammirevole. Restava da verificarne l’effettiva funzionalità, perché si sa, uno può anche avere un bel cazzo, ma se poi non lo sa usare... E questo Santi, per fortuna, lo sa.
Detto, fatto. Ho impugnato la nerchia di Santi e in un attimo l’ho fatta sparire nella mia bocca. Non mi sono nemmeno dilettato con il suo frenulo o i bordi della cappella, giocherellandoci con la lingua come faccio spesso con altri maschi, oh no. L’ingordigia mi ha aggredito e non ho saputo resistervi. E così l’ho spompinato mugolando come una troia. Inutile chiedermi, come Santi invece ha fatto, se mi piaceva il suo cazzo, perché sì, diamine, lo adoravo talmente tanto che me lo ficcavo giù fino in gola, senza poter arrivare con la bocca ai coglioni, ahimè, date le dimensioni di quel bell’esemplare di minchia.
“Succhia sto cazzo, succhia, dài, spompinami il cazzo”, ripeteva ossessivamente. Io, culo all’aria, mi facevo volentieri mettere dentro prima un dito, poi due, poi tre. “Che bel culo, puttana, che bel culo”. Oh sì, Santi, così. Finché l’ha aperto tanto che sarebbe stato un insulto non provare a intingerci il pennello. Prima, però, ha voluto ricambiare il lavoretto di bocca, allora mi ha fatto mettere alla pecorina, si è messo dietro di me e ha leccato il culo. La sua lingua passava sopra il solco e si fermava sul buco, penetrandolo quel tanto che era possibile. Dopo, tutto è accaduto con estrema rapidità. Santi ha afferrato un preservativo e se l’è srotolato sul cazzo mentre io, ansimante, sporgevo ancora di più il culo verso di lui. L’ha infilato di colpo fino in fondo, senza nessuna difficoltà, senza che sentissi il minimo dolore, però facendomi gridare dal piacere. In un attimo ce l’ho avuto dentro.
Dopo qualche minuto di forte sbattimento, voleva cambiare posizione, quindi ha estratto il cazzo. Notando che si era un po’ sporcato di merda, si è tolto il preservativo ed è andato a lavarsi. Quando è tornato gli ho detto che preferivo farlo anch’io e così è iniziata una pausa tecnica di una decina di minuti. Quando sono tornato nel suo soggiorno, Santi se ne stava disteso sul divano, assorto nella contemplazione del film. Si toccava il cazzo, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Mi dispiace”, gli ho detto io, pensando che era la fine dei nostri giochi.
“A me non importa, vieni qua”, mi ha risposto Santi, facendomi stendere accanto a lui. Un vero signore. Un gran maiale però un vero signore. E ha risucchiato di nuovo la mia bocca verso la sua, sembrava quasi volesse strapparmi le labbra. Io l’ho aiutato a menarsi e piano piano è stato come un motore che si riavviava lentamente, però sicuramente spinto verso la meta. Altro preservativo, altro giro. Questa volta mi ha messo a pancia in giù, le gambe non troppo divaricate e lui sopra, a darmi colpi di bacino, a farmi sentire il suo peso sopra e dentro di me. Per rendere più facile l’accesso a quel bel cazzone, sollevavo un po’ il culo rispetto al corpo e me lo sentivo entrare fino in fondo. Poi di nuovo alla pecorina, mettendomi due dita in bocca, schiaffeggiandomi e dandomi forti pacche sul culo. Ero immerso in un piacere delirante così intenso che a mala pena potevo capire quel che mi stava quasi gridando: cazzo... il tuo culo... farti fottere... puttana...
A un certo punto lo ha tolto, io mi sono girato e l’ho contemplato, era in piedi con quella bella mazza dura in mezzo alle gambe e ansimava.
“Stenditi su un fianco, di lato, così, che te lo sbatto dentro di nuovo, dài...”. Bella posizione, così ho potuto menarmi il cazzo con lui che mi inculava, finché l’ho sentito gridare “Vengo” e i colpi che dava, rapidi e forti, non lasciavano adito a dubbi.
La doccia, il tè e la chiacchierata sono state senza storia, ma tutto sommato piacevoli. Che ci saremmo rivisti, era evidente a entrambi.
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