lunedì 12 marzo 2012

Prima che sia troppo tardi

Come scendevano fredde l’altra sera, com’era fresca la brezza, che scura la notte, gli alberi ci guardavano e i passanti scrutavano increduli. Che bel posto avevi scelto, inconsapevole, perché io salvassi quel che rimane e buttassi il resto. Emozionato, ma lucido, ti ho fatto male. Strapparti le viscere e poi mostrartele era l’unica cosa buona che potessi fare, davvero.
Adesso ci aggiriamo fra vetri rotti e raccattiamo perline, che nascondiamo subito nelle tasche per non farle scappare. Presto puliremo il pavimento e lasceremo la stanza pulita e vuota. Negli occhi la tristezza di ciò che non sarà (mai) più, la vertigine del non ritorno e la luce per ciò che si apre. Soli.