Ha vinto la Spagna, non lo sapevate?
Ebbene, erano giorni che io studiavo la maniera di evitare la partita di pallone dell’anno. Che poi, per un italiano in terra iberica, rifiutarsi di vedere la finale Italia-Spagna significa essere due volte traditori: dell’odiata patria per i compaesani, del cliché dell’italiano tifoso fin nel midollo e fin dal primo vagito dopo la nascita, per gli spagnoli. Siccome detesto il calcio come poche cose al mondo, mi preparavo alla tormenta.
La prima proposta è venuta, manco a dirlo, da R.: vorrebbe organizzare una serata etero-gay-italo-spagnola-tifosa-antitifosa. Cioè lavorare, come puntigliosamente spiega a me e al suo amico E., su “tre assi di conflitto e riunirli nella stessa stanza”. Io nel frattempo penso: “Qualsiasi cosa ti dica domenica, Milk, tu avrai molto da fare!”.
La seconda piomba dalla mia amica V.: “Ehi, un gruppo d’italiani si riunisce al ristorante Tale per vedere la finale, vieni anche tu!”. “Mh... non so, ho proposte più interessanti” (questa sì che è una risposta furba). “Tipo?”. “Mah, una roba tipo mettere insieme etero e gay, tifosi e non, italiani e spagnoli, una roba così”. “Figo! Vengo anch’io!”. E mo’? “Era solo un’idea buttata lì, probabile che non se ne faccia niente. Siccome non mi piace il calcio, penso che farò altro”. Uff.
La terza viene da C.: “Ehi, bello, come va? Se domenica rientro presto da casa dei miei, potremmo vedere insieme la finale dell’Eurocoppa, Italia-Spagna!!! Che ne dici?”. Il messaggio, purtroppo, gronda entusiasmo. Decido di freddarlo con un: “Preferirei un viaggio sulla luna. Mi spiace, ma il calcio proprio non mi piace”. “Ah”, e pare deluso, “ma possiamo chiamarci durante il fine settimana?”. “Vabbè”, rispondo io. E mi congeda con un semplice: “Perfetto”.
Giunta finalmente domenica, e dopo essere sparito per un giorno e mezzo, a un’ora dall'inizio della partita, ricompare R. attraverso i consueti mezzi telematici: “Ti farebbe piacere vedere la finale bevendo birra e mangiando gelato all’aperto?”. Un mix micidiale al quale dubito di poter sopravvivere. Però me lo propone R. e io corro il serio rischio di cedere alla tentazione. Decido allora una contromisura drastica: non rispondere nemmeno un rigo, nemmeno un semplice “no” e ricorrere immediatamente alle cure di AeM. Sono giorni che ci scambiamo messaggi di reciproca stima, e come siamo stati bene, e sì, dobbiamo proprio rivederci, e dài un giorno cuciniamo insieme... È il momento di prendere i torelli per le corna: “Allora, ci vediamo oggi?”. “Se hai voglia, sì”. “Quando?”. “Dovrebbe essere adesso, perché domattina ci alziamo presto”. “Posso essere lì alle nove e mezza”. “Perfetto”. Ecco due ragazzi svegli. Abitano lontano da casa mia, è vero, ma sanno darsi le giuste priorità.
Otto e quarantacinque, fischio d’inizio: mi fiondo nella doccia, devo fare in fretta. Odo delle grida belluine venire dal cortile: è il vicino che sembra quasi essersi messo in casa mia ad esprimere - ma direttamente nelle mie orecchie - tutto il suo entusiasmo per la Rossa. Poi, mentre mi vesto, scoppia un “eeeeeeeeeh” prolungato e immenso e poi le trombette “peeee-peeee”, da ogni parte. Scrivo un whatsapp ad AeM: “Quello che ho sentito non era precisamente un gol dell’Italia, vero?”. “Temo proprio di no”, mi risponde A. Cazzo, sono le nove. “Ho appena finito di farmi la doccia, esco adesso”. “Va bene, ti aspettiamo”.
Per le strade si respira aria... d’Italia. Echi della stessa telecronaca si riverberano ovunque, mentre ogni attività sembra sospesa, la gente riempie i bar, le teste tutte rivolte al televisore fissato in alto su una parete, la metro è quasi vuota e sono poche le macchine in giro. Quando arrivo a casa dell’amata coppia, mi apre il biondo, quello alto e forte, A. insomma: “Mi spiace dirtelo, ma proprio poco fa la Spagna ha segnato un altro gol, due a zero per noi”. “Ma dài! Bene, direi. E poi, me ne fregasse qualcosa”. “Già sì, anche a me non interessa”. Però insomma, maxischermo anche loro, coca-coletta e sigarettina, occhi di A. ben puntati sui maschi in campo. Devo ammettere che tra i rossi ci sono esemplari molto interessanti e comincio a nutrire, infine, un effimero interesse per il triste spettacolo.
Siamo ormai all’intervallo, M. scende in campo (o meglio, ci raggiunge dal piano di sopra). Smack, smack, e com’è andato il fine settimana? Dopo qualche amenità, mi ritorna alla mente lo scopo della mia visita: e bacio A. “Se vuoi spegniamo”, si affretta a dire M. Colgo la palla al balzo: “Oh, sì, meglio. Tanto, per la cronaca, anche voi avete i vicini”.
E ci baciamo tutti e tre insieme, le lingue che si toccano, le loro mani su di me, sotto la maglietta, sotto i pantaloni, a cercarmi il culo e il cazzo. Così, bravi, così. “Andiamo di sopra? Non ci sei ancora stato, no?”, mi chiede A. Mi metto a ridere: “Così completiamo la visita della casa”. Saliamo tutti e tre già belli caldi. Nella camera da letto mansardata, con l’immancabile lucernario aperto, M. accende una lampada che diffonde una luce soffusa, accogliente come i miei due ospiti. Io in mezzo e loro due sopra di me. Non trascuro la bocca di nessuno e le loro mani non si distraggono: mi tolgono la maglietta e continuano a strapazzarmi, mentre io tento di abbracciarli entrambi e ansimo. Voglio fare e lasciarmi fare. Mi tolgono tutto e resto in mezzo al letto col cazzo in tiro mentre si spogliano anche loro del poco rimastogli addosso. Io allora mi accovaccio tra le gambe di A. e comincio a succhiare. M., in piedi, porge l’uccello ad A. che esegue la stessa operazione. Nella stanza s’odono rumori di bocche che spompinano e i gemiti di M., cui il lavoretto, evidentemente, piace. A. comincia a muovere il bacino affinché, ad ogni colpo, la mia bocca possa scendere più vicina alla base del suo cazzo. Lo sento mugolare ogni volta che mi fermo con il suo uccello in fondo alla gola.
Quando A. lascia la presa, M. si sposta un po’ e mi offre il suo cazzo. Adesso sono disteso sopra A. Il battacchio di M., durissimo e scuro, è più facile da succhiare rispetto a quello di A. Muovo la testa avanti e indietro, sfioro le palle di M. e lo sento godere. Sostenendosi con i gomiti, A. erge il busto e, con un gesto di cameratismo, mi aiuta nel gioco con M.: lo succhiamo entrambi per un po’, alternandoci tra la cappella, l’asta e i coglioni.
Poi torno ad occuparmi di A., che rimane disteso, e ricomincio un pompino che non sembra avere più fine. Nel frattempo mi metto a pecorina, allargo le gambe e cerco di sporgere il culo più che posso. Non resistendo al richiamo, masturbandosi forsennatamente, M. inizia a leccare il mio buco. Lo fa talmente bene, spingendo dentro la sua lingua, e talmente a lungo, che posso percepire la dilatazione crescente della mia parte più nascosta - oh, non certo la meno frequentata!
Adesso si muove verso il comodino. M. prende un preservativo, lo indossa, lo umidifica con un po’ di lubrificante e si posiziona dietro di me. A. si mette in ginocchio sul letto davanti a me, il cazzo all’altezza della mia testa. Osserva il compagno che me lo sta infilando in culo e che in un attimo è già dentro. Allora A. mi mette in bocca il suo cazzo ed io grido e ansimo, mentre sono scosso dai colpi di M. che monta rapido, animale. Sono trafitto da due spade, mi stanno scopando la bocca e il culo, contemporaneamente. A. mi tiene ferma la testa fra le mani e mi riserva per via orale lo stesso trattamento che M. mi sta dando per via anale. I due aumentano il ritmo e, quando il piacere si fa più intenso, A. mi toglie di colpo il cazzo dalla bocca e ride: “È troppo, aspetta”. Io lo cerco di nuovo con la mano, lui allora me lo porge di nuovo, ma riesco a dargli forse tre o quattro colpi di lingua: “No, aspetta, altrimenti vengo”. E si distende un po’ più in là, a godersi lo spettacolo del suo ragazzo che non smette di cavalcarmi e adesso gioca, abile, con il mio buco: toglie la nerchia, poi la rimette, poi rimane sulla soglia, poi la ributta dentro. Va avanti così per un po’, finché io poggio una mano sul suo culo premendolo verso di me. M. capisce al volo e comincia a darmi dei colpi secchi, profondi, ripetuti, che si fanno sempre più rapidi e violenti.
A tratti riesco a succhiare un po’ il cazzo di A., ma ad un certo punto M. gli chiede: “Vuoi incularlo tu?”. In qualche secondo, il tempo d’indossare a sua volta un preservativo, A. è dietro di me. Esattamente come l’altra volta, all’inizio brucia. Poi i colpi che dà, secchi ma molto meno rapidi di quelli di M., diventano piacevolissimi. Nel frattempo M., che è andato a gettare il preservativo in bagno, torna e si distende davanti a me. “Hai già sborrato?” gli chiedo io. E lui: “No, no”. E allora gli prendo il cazzo in bocca e lo spompino di nuovo.
Di tanto in tanto, senza smettere di muovere il bacino avanti e indietro per penetrarmi, A. si china su di me, cerca la mia bocca e infine mi bacia. Lo sento ansimare e rallentare i movimenti. Intuisco che mi sta osservando mentre cerco di farmi entrare in bocca tutto il cazzo del suo ragazzo che, a sua volta, mi guarda. Dopo un po’ il ritmo della monta si fa intenso e frenetico, finché sento A. gemere forte e venire. Poi, stringendo il bordo del preservativo affinché non scivoli, estrae il cazzo e se ne va in bagno.
Quando torna, annuncia la notizia: “Credo che abbiamo segnato il terzo gol!”. Siamo all’ottantaquattresimo minuto e io sono ancora impegnato con M., il quale chiede ad A.: “Hai già scaricato?”. “Sì”, gli risponde il biondo. Io mi metto disteso a pancia in su e inizio a far entrare due dita nel mio buco, sollevando contemporaneamente le gambe piegate verso il mio petto. La palla passa ora a M.: l’invito, inequivocabile, viene prontamente raccolto. M. si alza, si srotola sul cazzo un altro preservativo, si inginocchia tra le mie gambe e mi penetra. Ricomincia a chiavarmi e lo fa dannatamente bene. Ci guardiamo in faccia mentre io lo abbraccio, poi gli metto le mani sul culo per spingerlo verso di me. “Mi manca pochissimo...”, mi dice M. “Sìiiii, sìiiiiiii, vieni!”, gli dico io, portando una mano al mio cazzo e cominciando ad accarezzarlo. Lo sento gemere forte, vedo il suo viso contrarsi in una smorfia, mentre mi dà dei colpi di bacino fortissimi. Mentre lui sborra dentro di me, io schizzo tutto sulla mia pancia. A. ci osserva gridare il nostro godimento. Fuori, nel frattempo, l’intero quartiere sembra venire giù, come se centinaia di persone si fossero riversate di colpo nelle strade e avessero cominciato a gridare: “Eeeeeeeeeeh! Sìiiiiiiiiiiiiii!”. Come se gioissero con noi di quell’attimo di piacere così intenso. Tanto giubilo per il nostro orgasmo? Possibile?
Poco dopo esserci lavati sommariamente e asciugati, siamo di nuovo di sotto, davanti al grande televisore. “Viva la Spagna!”, gridano entusiasti i giornalisti mentre scorrono i replay del quarto gol. “Viva. E complimenti”, dico io ad AeM. Senza nessun riferimento al calcio, beninteso.
Più onorevole il tuo di risultato, solo 2 a 1 per loro. Ma almeno sei stato uno dei pochi italiani ad aver goduto ieri sera.
RispondiElimina:)
Oh.
RispondiElimina[Punto...è già tutto troppo di suo, questo post]...:-)))
Ma son contenta che in mezzo a milioni di spagnoli un italiano ieri sera abbia goduto!!
RispondiEliminaun bel modo di passare quelle due ore di finale calcistica !
RispondiEliminaGrazie! :-))
RispondiEliminaOggi era proprio giornata. Meno male che adesso me ne vado a dormire. Ho detto dormire.
EliminaQuesto blog è un'oasi di libertà milk, che dio o chi per lui ti strabenedica.
Elimina:-)) Chi per lui, Estrella, chi per lui... ;-)
EliminaLo so lo so, sei troppo intelligente...-))
EliminaMa vivi in Spagna quindi...?
RispondiEliminaCristo di un dio, ma non mi picchiate? Ho scritto "un'effimero" con apostrofo... me possino!
RispondiElimina