La spiaggia è di nuovo quella, siamo tornati sul luogo del delitto. Ci sistemiamo al solito posto, ombrellone e asciugamani un po’ in disparte, tra le dune, al confine tra la spiaggia vera e propria e la zona proibita.
Sono solo in questo momento perché il mio ragazzo è partito per il suo giro esplorativo. A un certo punto, sento dei gemiti provenire da un luogo indefinito, oltre i cespugli. Mi allontano quindi di qualche passo dagli asciugamani e vedo, all’ombra di due alberi, due ragazzi in una posizione che non lascia adito a dubbi: uno è in piedi, mentre l’altro è in ginocchio davanti a lui. Il pompinaro ha gli occhi chiusi mentre muove la testa ritmicamente avanti e indietro per far scivolare il cazzo nella sua bocca. Non l’ho mai visto prima. È giovane. Sembra concentrato sul lavoretto che sta facendo. Si applica.
Il ragazzo che sta in piedi si accorge presto della mia presenza, ci scambiamo uno sguardo ed io lo riconosco immediatamente: è il tipo dell’altro giorno, il maiale che ho sbocchinato mentre prendevo anche l’uccello del mio ragazzo. Sorrido, pensando a com’è porco e a come mi eccita, però lui non cambia espressione. Decido comunque di lasciarli soli al loro destino e torno agli asciugamani, ligio al mio dovere: non è ancora il mio turno.
Non sono passati neanche dieci minuti da quando mi sono steso di nuovo sul mio telo da bagno che d’improvviso vedo sbucare e dirigersi verso di me il maiale.
La visione è quasi surreale, perché sembra avere una gran fretta, appare agitato e cammina con il cazzo duro che ondeggia leggermente a ogni passo. Si pianta giusto davanti a me, osservando guardingo a destra e sinistra. Sono così sorpreso, che non faccio nemmeno in tempo a pensare “che cazzo vuole?”, mentre osservo il suo corpo abbronzato, proporzionato, molto bello.
“Allora, come va?”, mi chiede con tono distratto, come se ci fossimo incontrati per strada e la domanda fosse pura cortesia.
“Bene. Tu?”, gli dico.
“Tutto bene, tutto bene...”, mi risponde con quel sorriso davvero perverso che già conosco.
Nel frattempo io mi sono messo seduto. Lui allora fa l’ultimo passo che gli resta prima di starmi addosso, si impugna il cazzo e lo avvicina alla mia bocca finché la cappella sfiora le mie labbra.
“Fammi un pompino, dài”. La decisione e il tono della sua voce mentre pronuncia queste parole trasmettono tutta l’eccitazione di cui evidentemente è preda, ed elettrizzano anche me. Mi stordiscono. Inebriato da tanta lussuria, mi lascio fare. Prende la mia testa con una mano, la spinge contro il suo cazzo mentre io ho già schiuso le labbra e lo lascio entrare. Già so quello che farà. E infatti: appena la sua cappella sbatte contro la mia gola, ritira il cazzo quasi fino a farlo uscire, poi inizia a muoversi avanti e indietro, cercando di mantenere la mia testa più ferma possibile, adesso tenendola con due mani. Mi sta scopando la bocca. Altro che pompino. Il maiale condisce il tutto con le solite, consuete, banalissime ed eccitantissime domande: “Ti piacciono i cazzi, eh? Puttana... E il mio ti piace?”. Io gli rispondo come posso, gemendo, e so che sono proprio i gemiti ciò che vuole sentire.
A un certo punto fa uscire il cazzo e mi ordina: “Apri la bocca!”. Eseguo, pensando che voglia ficcarlo di nuovo dentro, invece afferra l’uccello e, con un movimento rotatorio, sfrega la cappella contro le mie labbra. “Guardami!”, mi ordina ancora. Evidentemente mi vuole così: in ginocchio, con espressione adorante, il dio cazzo pronto a fottermi ancora la bocca, i miei occhi nei suoi. Sì. Adesso è di nuovo col cazzo dentro la mia bocca, fino in fondo, ma invece di scoparla, si ferma così. Tutto dentro. Chiudo gli occhi e trattengo il respiro. Un po’ di saliva gli sta bagnando le palle.
“Leccami le palle”, mi dice e io mi libero di tutta quella carne che invade la mia bocca ed eseguo. Con una mano spingo il suo cazzo contro la sua pancia e gli lecco i coglioni, premendo forte la lingua. Lo sento gemere, finché non resiste, afferra la mia testa con due mani, apro la bocca e mi mette di nuovo il cazzo dentro; Mi sta di nuovo scopando la bocca, con ancor più impeto.
Finché lo sento gemere sempre più forte e percepisco che il movimento avanti e indietro si fa sempre più serrato. Di colpo si ritrae, fa un passo indietro e, mentre ansima, dal suo cazzo esce la sborra. Adesso con una mano si sfiora il petto, con l’altra accarezza il cazzo e lo aiuta a far uscire gli ultimi schizzi che finiscono sulla sabbia calda.
Lo guardo completamente stranito, lui mi sorride e se ne va.
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