Mentre cammino per le vie della città dal tempo incerto — ho preso la giacchetta col cappuccio per ripararmi dalla pioggia, ma ecco che già sta rispuntando il sole — , penso all’epoca che ci è dato di vivere e a come l’insopprimibile desiderio per la carne, la ricerca dell’incontro sessuale, si sia adattato alle nuove tecnologie. Che hanno i loro pregi e i loro difetti, come tutti i metodi di seduzione sperimentati dal genere umano fino adesso. Internet e le varie chat per incontri più o meno amorosi non sono un mondo a parte, sono popolate dalle stesse persone che potremmo incontrare in un bar, in una discoteca o in una sauna. Tuttavia il mezzo, probabilmente, si presta a un maggior cinismo, a una durezza che magari in altri contesti non si manifesterebbe, a una selezione che Darwin gli fa una pippa (“cerco un ragazzo uguale a me”; segue una lista infinita di caratteristiche personali che, com’è ovvio, rendono l’autore della frase un esemplare assolutamente unico). Con un po’ di fortuna, però, ti capita un ragazzo carino, che ha voglia di scopare proprio in quel momento e a cui piaci quanto basta perché ti dica “Ok, tra un’ora sono da te”, indossi le sue scarpette, esca, prenda la metro e si presenti effettivamente alla tua porta. Così, ho avuto giusto il tempo di scambiare due frasi (per verificare un minimo di compatibilità), di rendermi conto che sarebbe venuto senza il materiale necessario, di constatare che avevo terminato il lubrificante e di uscire per comprarlo.
Poco dopo essere rientrato, mi arriva un messaggio di R.: “Ci vediamo all’uscita della metro tra mezz’ora?”. L’avevo invitato un’ora prima a vedere l’appartamento in cui mi sono trasferito da pochissimo. Mi avrebbe fatto piacere e m’immaginavo di poter passare un po’ di tempo con lui chiacchierando e ovviamente scopando, però con calma, in maniera tranquilla (romantica?), se anche lui ne avesse avuto voglia. Invece mi aveva risposto: “Aspetta un po’, vediamo se smette di piovere e vengo a vederlo”. Che strategia del cazzo questa della variabile meteorologica, avevo pensato, poteva dirmelo chiaramente che non ha voglia. Dato che conosce le mie abitudini, R. sapeva benissimo che sarei dovuto uscire più tardi e che quindi non disponevo di tutto quel tempo. Ed è così che avevo deciso di non aspettare proprio un bel niente ed anzi, avevo dato via libera a questa new entry che mi sembrava davvero promettente: H.
“Mi spiace”, rispondo a R., “devo uscire tra poco. Facciamo un altro giorno?”. A scusa idiota, menzogna idiota. “Ok, un altro giorno, non ti preoccupare”. Ah, ma io non mi preoccupo affatto. Perché H., questo ragazzo più o meno della mia età, è già qui, jeans, maglietta, giacca leggerina ma con cappuccio, un sorriso fantastico: “Sono un po’ bagnato” (nel frattempo, sulla città è ripiombata la pioggia). È di quelli che ci mettono un attimo a sentirsi a proprio agio in qualsiasi ambiente. È appena arrivato in un posto che non conosce, a casa di un ragazzo mai visto prima, eppure eccolo muoversi con grazia per il saloncino, posare il suo zainetto, sedersi sul divano e togliersi le scarpe. “Mettiti comodo” è una frase che non deve aver sentito pronunciare molte volte. Cominciamo ad accarezzarci. Che bel corpo che ha: spalle forti, braccia muscolose, testa rapata. Ha la pelle nera e opaca, liscia — da quanto tempo non mi faccio scopare da un nero? Non lo ricordo più, anni sicuramente — .
Bacia in maniera impeccabile e sento salire la temperatura. Il cuore batte più forte, le carezze si fanno più frenetiche, il respiro più frequente. Le mie mani palpano le sue cosce mentre la sua lingua s’intrufola nella mia bocca e il suo abbraccio forte mi avvolge ed io quasi ci sparisco dentro. Si toglie la maglietta e mi sembra di morire osservando i suoi bei pettorali, i suoi capezzoli grandi che accarezzo con gioia mentre penso “che bello stare qui insieme a questo pezzo d’uomo, che fortuna davvero!”. E così mi toglie la maglietta e restiamo seduti a toccarci e baciarci ancora un po’, finché H. si alza in piedi, slaccia la cintura e fa scendere i pantaloni ai suoi piedi. Il solo osservare i suoi gesti mi procura un supplemento d’eccitazione, davvero superfluo. Adesso è in jockstrap e ha il cazzo così duro che se ne può apprezzare una piccola porzione che fuoriesce dal pacco. Mi tolgo i pantaloni anch’io, gli palpo l’uccello però senza farlo uscire dalla parte anteriore del jockstrap. Poi tocco il suo culo. Siamo in piedi, ci stiamo baciando e ci tocchiamo il culo reciprocamente. Il suo è pieno, rotondo, molto liscio.
Adesso la sua mano mi sfiora un capezzolo, lo solletica e lo pizzica piano, poi sempre più forte. Capisce che mi piace e prova a tirarlo, a stringerlo di più. Inarco la schiena mettendomi quasi inconsapevolmente in punta di piedi. In questo modo l’altra sua mano può scivolare sotto gli slip, afferrare il mio culo, insinuarsi fra le natiche, cercare con un dito il buco e, dopo averlo trovato, giocarci. Voglio vedere il suo cazzo, allora porto la mano al pacco e con un gesto rapido lo faccio uscire. È circonciso, molto lungo e grosso.
Mi mette una mano sulla testa e la spinge con forza verso il basso, costringendomi ad inginocchiarmi. Mi chiedo se questa sua attitudine al dominio sia solo un gesto estemporaneo, o se invece caratterizzerà da qui in avanti il nostro incontro. I dubbi si dissipano poco a poco quando apro la bocca e la faccio scivolare sulla cappella, poi sull’asta, avanti e indietro. Azione-reazione-azione, chissà se anche lui la percepisce così (“lo spingo giù... non offre resistenza, è già in ginocchio... docile... adesso me lo succhia...”). Posso solo intuire i suoi pensieri e le sensazioni, dal modo in cui ansima, facendomi capire che il lavoretto gli piace. Dopo un po’ si toglie il jockstrap, ultimo baluardo che, ormai, ricopriva solo i coglioni, piccoli, nerissimi e morbidi.
Mi tolgo anch’io gli slip e rimango in ginocchio; alle mie parti basse ormai non s’interessa più e torna anzi alla carica riavvicinando il cazzo al mio viso. Adesso però mi prende la testa fra le mani, infila il cazzo nella mia bocca e comincia a muovere il bacino avanti e indietro. Mi sta scopando la bocca e ansima. Alzo lo sguardo e lo vedo concentrato a osservare il suo uccello entrare e uscire. Improvvisamente, con un gesto brusco, preme la mia testa contro il suo ventre, facendo entrare il cazzo quasi fino in fondo e fermandosi per godere del momento. Ce l’ho dentro quasi tutto, sento che mi riempie. Ma vuole di più. Mentre con una mano tiene ferma la mia testa, porta l’altra mano alla base del cazzo e lo sposta in modo che scenda ancora più in fondo. Quello che vuole è una gola profonda. Trattengo il respiro e cerco di controllare il più possibile l’apertura della gola per farlo passare e per evitare di avere un conato. Sono sorpreso ed eccitato al tempo stesso, mi sta cacciando in gola quel cazzo enorme praticamente intero.
Lascia la presa, riprendo fiato, ansimo in posa adorante. Osservo dal basso il suo corpo possente, il suo colore scuro e quel pezzo di carne così grande piantato in mezzo alle gambe che adesso lui impugna e agita davanti a me. Mi dà dei colpi di cazzo sulla bocca. L’apro e lui continua. “Ti piace?”. Adoro queste domande retoriche quando sono sincere e quando, in realtà, parlano di ciò che prova chi le formula: intuisco, insomma, che sta godendo anche lui. Dopo la mia risposta, aggiunge un (allora)“prendi!” e me lo infila di nuovo in bocca. Stessa sequenza: dentro e fuori per un po’ e poi testa bloccata, cazzo fino in fondo, gola profonda. Rilascia la testa, mi permette di spompinarlo per un po’, poi ripete ancora la sequenza: dentro e fuori per un po’ e poi testa bloccata, cazzo fino in fondo, gola profonda. Gocce di saliva cadono sul pavimento, siamo entrambi molto eccitati.
Ce l’ho ancora in bocca quando, a un certo punto, sento che si china verso di me. Il cazzo esce, lui mette le mani tra le mie ascelle e mi fa alzare e, contemporaneamente, girare su me stesso. Con un gesto deciso spinge la mia schiena in avanti, allora mi metto a quattro zampe sul divano e sporgo il culo verso di lui. Mugolo. È ciò che voglio, è ciò che vuole. Si inumidisce un dito e comincia a lavorarmi il buco. Mugolo. Si sta aprendo. Lo vede, lo sa. Se lo inumidisce di nuovo. Continua. Io non lo vedo ma so che è pronto: il suo cazzo durissimo mi sfora il corpo, vuole entrare.
Mi alzo e gli dico: “Aspetta un attimo”.
“Sì”, mi risponde, con l’aria di chi ritorna bruscamente alla realtà dopo un piacevole viaggio mentale.
Vado in bagno, prendo un preservativo e il lubrificante, torno nel saloncino e li poso sul tavolino vicino al divano. È ancora perfettamente in tiro. Mi sistemo di nuovo sul divano a quattro zampe, allora lui si inginocchia e comincia a leccarmi il buco. Lo lecca poi ci mette un dito, poi lecca di nuovo e ne mette due. Mi scoppia la testa. Ha capito che è la tortura perfetta per chiedergli: “Inculami, dài”. Allora prende il lubrificante, me ne mette un po’ sul buco, ci fa entrare un dito, poi due. Se lui si prende cura del mio culo, io non esito a occuparmi del suo cazzo. Afferro un preservativo, lo apro e glielo passo perché lo indossi. Ci metto del lubrificante e poi mi rimetto in posizione: pecorina, gambe divaricate, busto a novanta gradi e braccia appoggiate al margine superiore del divano. Lo ha impugnato, lo ha appoggiato. Adesso entra. Solo la punta, solo la cappella. Si ferma. È grosso. Niente dolore, lui lo sa, lui lo vede. Allora spinge. Entra un altro po’. Smorfia di dolore, brucia. Si ferma. È molto grosso. “Piano, piano”, dice lui a me, come se fossi io a penetrarlo. Il dolore sta passando ma lui lo sfila. Mi mette una mano sulla spalla e spinge verso il basso, poi, siccome non reagisco, la mette sulla testa e spinge forte. Allora sposto le ginocchia verso il bordo, reclino la schiena e appoggio testa e braccia alla parte bassa del divano, dove normalmente ci si siede. Così mi vuole, dunque: tutto culo, il buco offerto al suo cazzo e il dominio totale da parte sua, la situazione completamente nelle sue mani, il mio corpo a disposizione del suo piacere.
L’idea funziona e ha su di me l’effetto sperato. Torna a mettere dentro la punta, poi spinge perché possa entrare almeno una parte dell’asta e poi, senza resistenza ma con un forte gemito da parte mia, lo fa scivolare fino a che non restano fuori solo le palle. Ce l’ha fatta, è dentro di me, ora mi sta aprendo il culo. I suoi movimenti sono rapidi e violenti. A ogni colpo lo sento arrivare fino alla parte più intima di me e a ogni colpo gemo. Se tento di rialzare la testa, con una mano la tiene schiacciata al divano, senza interrompere la cavalcata. Gemo e godo di quell’uccello che mi ha aperto il culo e adesso me lo sta chiavando così, duro e violento.
Appoggia un piede sul divano, flettendo il ginocchio e avvicinandolo al mio fianco. L’altro piede poggia in terra. M’incula, batte e ribatte facendolo scivolare tutto dentro, la penetrazione adesso è, se possibile, ancora più profonda. Poi si rimette in piedi, mi afferra per i fianchi e aumenta la velocità. Sono così ben stimolato che mi basta sfiorarmi il cazzo perché ne fuoriesca una discreta quantità di seme, senza orgasmo. Chissà, forse si accorge di quelle macchie bianche sul cuscino e pensa che sono già venuto e che quindi deve fare in fretta o forse semplicemente non ce la fa più, però si china verso di me rallentando appena i suoi movimenti, e mi sussurra: “Sto per sborrare”.
“Oh, sì”, gli dico.
Allora m’incula più forte e grida “Sìiiii”.
Porto una mano all’uccello e, praticamente all’unisono, veniamo entrambi.
Mi chiede se può fumare e gli dico di sì, ma solo se me ne offre una. Ne accenderemo due a testa, mentre mi racconta la sua storia d’immigrante e di ex compagno di un ragazzo dai mille problemi. Mi sembra molto maturo, intelligente, riflessivo. Fa lunghe pause in mezzo a una frase, cerca il modo migliore per farsi capire. E per farsi conoscere, perché io mi faccia un’idea di lui. O forse solo per sfogarsi, sembra avere un grosso carico sulle spalle. Alla fine se ne va dicendomi che è stato bello ed è stato un piacere conoscermi. Gli dico che per me è lo stesso. Il giorno dopo mi ricontatta, mi chiede come va e gli rispondo che mi piacerebbe rivederlo un giorno, quando ne abbiamo voglia. “Quando vuoi”, mi risponde.
Hai guadagnato un sacco di punti solo per il fatto di aver detto no a R.
RispondiEliminaTi dirò che anch'io sono contento per questo.
EliminaÈ la prima volta che passo di qui, e il tutto pare molto interessante. Mi prenderò la briga di visionarlo bene quando non sarò di fretta... ciao :-)
RispondiEliminaGrazie per essere passato e torna quando vuoi. Ciao!
EliminaBello, come sempre..:-)
RispondiEliminaGrazie! ;-)
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