Tornare a casa di Santi dopo tanto tempo ha un sapore strano, è come rientrare in un porto sicuro dove già sai che ti aspetta qualcosa di gradevole e magari qualche bella sorpresa. Santi ha qualcosa di paterno. Non mi riferisco solo alla differenza d’età tra di noi, ma anche al suo atteggiamento, affettuoso ma deciso, caloroso ma forte, a volte addirittura pedagogico. A parte R., è stato l’unico dei miei scopamici ad essersi interessato un po’ a me in questo brutto momento e devo dire che ricevere i suoi messaggi, privi di doppi fini, all’inizio mi aveva stupito non poco. Poco a poco, seppur a distanza, il dialogo fra noi, fatto di brevi momenti di sintetica lucidità, alternato ad altri, più silenziosi e, almeno per me, raccolti, è proseguito. Finché qualche giorno fa, non ancora rimessomi del tutto dai postumi del passaggio di T. nella mia bocca e nel mio ano (e nel mio cervello, sicuro), rispondo a un suo messaggio dicendogli che mi piacerebbe giocare un po’ col suo uccello.
“A tua disposizione, quando vuoi”, mi risponde. E così ci diamo appuntamento nel tardo pomeriggio, per far merenda coi nostri corpi. Mentre percorro la via di casa sua e sto per mandargli un messaggio per annunciargli il mio arrivo, lo scorgo appoggiato alla balaustra del suo terrazzino. È in accappatoio, mi sta osservando e adesso sorride. Rientra, mi apre il portone e in un attimo sono già nel salottino del suo appartamento. I convenevoli si consumano in fretta, in piedi, tra un bacio e l’altro, tra una mano sul mio culo e un’altra sulla sua schiena, sulle sue spalle.
Si toglie l’accappatoio e vedo che è già in tiro (a volte mi chiedo se, durante una giornata intera, sono di più i momenti in cui è duro o quelli in cui, forse per momentanea e rimediabile distrazione, si ammoscia). Un cockring in pelle nera, piuttosto fino, gli comprime la base del cazzo e le palle. Cammina verso il divano letto con le gambe leggermente divaricate, come se il peso dell’uccello, che ondeggia al ritmo dei suoi passi, gli impedisse di farlo normalmente. Si gira verso di me e mi chiede di raggiungerlo. Forse mi vuole completamente vestito e spogliarmi lui poco a poco; forse lo eccita essere già nudo ed pronto al mio cospetto, in una situazione di evidente disparità. Se una proposta di questo tipo c’è, io non la colgo appieno, invece cerco di spogliarmi il più in fretta possibile. Rimango però con gli slip, quelli sottili che mi piacciono tanto e che, nelle mie intenzioni, servono a offrire un’ultima barriera prima di mostrarmi vulnerabile, un piccolo ostacolo che potrebbe servire a far alzare la temperatura, comunque già abbastanza alta.
Mi avvicino, m’inginocchio sul letto, mi chino verso il suo uccello. “Succhiami il cazzo”, mi dice Santi e io obbedisco volentieri, spompinandolo senza usare le mani. Prova a chinarsi su di me stando attento a non far uscire il cazzo dalla mia bocca. S’insaliva un dito, scosta le mutande e tenta di afferrarmi il culo per portarlo sopra il mio buco e, quando lo raggiunge, so perfettamente ciò che dirà: “Guarda come si apre!”. Perché lo sento anch’io che si sta dilatando praticamente da solo. Lo chiamerò d’ora in poi effetto-Santi o sodomia facile: con pochi gesti, poche parole, un gran bel cazzo e un’ottima sintonia tra noi, si ottiene lo spontaneo e praticamente incontrollabile via libera del mio corpo.
Tuttavia Santi non è un uomo impaziente. Al contrario, avido di preliminari, e avendomi detto più volte quanto gli piace scoparmi la bocca, mi fa togliere gli slip e distendere completamente sul letto, lui si siede davanti a me col busto eretto, le gambe divaricate e le ginocchia piegate. Il suo uccello è di nuovo nella mia bocca e adesso lui muove il bacino avanti e indietro, tenendo ferma la mia testa con le sue mani. “Prendi ‘sto cazzo, prendilo tutto, prendi prendi... oh, sì”. Non trattengo i mugolii, unica risposta possibile alle sue domande: “Ti piace il mio cazzo? Ti piace prenderlo in bocca?”. Sento un tale desiderio di essere posseduto da lui, aperto in due e sbattuto, che ad ogni colpo di cazzo che ricevo in bocca, mi sembra che la testa si gonfi e possa scoppiare, tanto grande è il piacere che provo. Ad un certo punto, senza sfilarlo, lo impugna e me lo mette di traverso rispetto alla bocca, in modo che prema contro una guancia e formi un rigonfiamento. Mi osserva mentre mi tiene fermo in quella posizione e sorride: “Ecco, bravo, col cazzo in bocca, bravo...” e poi mi schiaffeggia proprio la guancia che il suo uccellone deforma. E poi di nuovo giù in gola, a spingerlo di nuovo dentro, ansimando forte.
Adesso lo toglie, prende un flacone di gel e si cosparge l’uccello di lubrificante. “Ma che cazzo fa?”, penso. “Tranquillo, ancora non t’inculo”, mi dice avendo probabilmente notato la mia preoccupazione. Da chissà quale cassetto di chissà quale mobiletto appare improvvisamente un arnese che non avevo mai visto prima e di cui non conosco nemmeno il nome: è un copricazzo in gomma morbida e trasparente, una sorta di preservativo gigante e molto spesso che, se fuori è perfettamente liscio, presenta una superficie interna irregolare e pensata proprio per stimolare al meglio l’uccello che ci si infila. Un laccio inferiore serve per ancorarlo alla base dei coglioni. Io sono tutt’occhi e sorrido divertito. “Fammi una sega con questo”, mi dice mostrandomi come impugna il copricazzo facendolo scivolare dolcemente su e giù lungo il suo uccello. Mi metto d’impegno e andiamo avanti così per un po’: con una mano io lo masturbo, aiutandomi con lo strano attrezzo e con l’altra gli solletico un capezzolo. Santi osserva la scena, ansima e gode. Quando sente l’eccitazione toccare una certa soglia, Santi si sfila il copricazzo, impugna l’uccello e, mostrandomelo, mi chiede: “Lo vuoi nel culo, vero?”. Come una sorta di tacito assenso, mi chino per spompinarlo ancora un po’, ma il sapore del lubrificante è molto amaro e smetto subito. Lui capisce, mi sorride e: “Qui, a pecora”, mi ordina.
Un attimo dopo sento l’umido della sua bocca contro il mio buco già sbocciato, la sua lingua passarci sopra una, due, dieci volte e poi un dito e poi due e poi ancora la lingua. Io mi apro sempre più e spero che arrivi presto il momento in cui quel buco sarà finalmente riempito. Il mio corpo è pronto, è molle; rossa, elastica e morbida la parte di me in cui Santi presto s’infilerà. Armeggia dietro di me con gli attrezzi del mestiere, il preservativo, il lubrificante, poi sento la sua cappella scivolare rapida dentro e in un colpo solo tutta l’asta viene risucchiata in quella voragine di desiderio. Santi ormai ha imparato a conoscere le reazioni del mio corpo e sa che non mi può far male. Così spinge forte, colpi decisi e rapidi, tenendo le mani sui miei fianchi, scuotendomi il corpo intero, facendomi gridare. Nel mio “Sì” è condensato tutto il piacere che sto provando. “Oh sì, Santi, così, aprimi”. Quel bastone che va avanti e indietro dentro di me con forza, mi sta in realtà fottendo il cervello. I miei organi vibrano all’unisono e da quel buco là dietro che adesso potrebbe contenere tutti i cazzi del mondo, si irradia un godimento senza nome. “Guarda che puttanella che sei, eh? Puttana, eh? Sei una puttana”.
La toglie, si stende su un fianco e vuole che io faccia lo stesso. Mi accomodo vicino a lui e di nuovo mi sento invadere dal suo uccello, di nuovo quei movimenti rapidi. Sollevo una gamba e la sorreggo con un braccio, in modo da offrire la massima apertura a Santi, il quale ne approfitta con grande piacere. “Rimettiti alla pecorina”, mi dice e in un attimo è ancora una volta dentro di me. Questa volta, però, non mi prende per i fianchi ma si sistema in modo da piegare le sue ginocchia, portarle ai miei fianchi e incularmi reggendosi solo sui piedi e appoggiando le mani sulle mie spalle. È molto agile, i movimenti del suo bacino sono rapidi e trovo che in quella posizione m’inculi ancor più profondamente. Il piacere si fa sempre più intenso, tanto che riesco a pronunciare solo frasi spezzate che quasi muoiono in gola: “Mi piace il tuo cazzo, Santi, mi piace come mi chiavi”.
“Mettiti a pancia in su”, mi ordina, ed io obbedisco. Si accomoda davanti a me, prende le mie gambe sollevandole e tenendole divaricate e appoggiate sulle sue braccia, mi penetra nuovamente. “Sborra, dai, voglio vedere come sborri!”. “Ti manca molto per venire?”, gli chiedo, scosso dai suoi colpi. “No, però prima tu...”. Va bene, Santi, guarda che non c’è nessun problema, io sto già scoppiando. Guarda la mia mano che sfiora il cazzo, lo impugna, fa scendere la pelle fin quasi a strappare il filetto dalla cappella. Lo vedi com’è duro e gonfio? Non devi fare altro che continuare a muoverti così, bravo Santi, e in un paio di secondi ecco come schizzo, ecco come mi inondo il petto e la pancia di sborra. E tu ti scarichi dentro di me ripetendo “Sì, sì, sì” una decina di volte, e ti svuoti le palle e ansimi e poi ti fermi, mi guardi, sembri riprendere fiato e, tenendo una mano su un tuo fianco, mi sorridi. Adesso afferri la base e lo sfili. La punta del preservativo, rigonfia di liquido bianco, penzola dal tuo uccello che si sta ammosciando.
“Se hai bisogno di parlare o qualsiasi cosa, conta su di me” è una delle frasi con cui si congeda. Com’è amorevole Santi. Cazzo e gentiluomo. Un signore, come sempre.
A parte la (solita) magnifica bellezza della descrizione mi viene in mente una cosa: ma quanta resistenza avete in materia di eiaculazione? perché leggendoti un po' mi perdo e mi sembra che questi rapporti durino ore, e insomma, da donna sono abbastanza invidiosa che riusciate a spassarvela così tanto; quella di essere scopate molto a lungo e con l'intensità che tu sai descrivere alla perfezione è anche un'ambizione, un desiderio molto femminile, ma la realtà quotidiana è un po' diversa.
RispondiEliminaNo, questi rapporti raramente durano più di un'ora (anche se succede, con maschi particolarmente resistenti, come per esempio con T.; dei rapporti descritti in questo blog, quadretti estivi a parte, quello che è durato meno è stato P. e credo che dal racconto si capisca). La percezione che hai dipende probabilmente dalla dilatazione del tempo provocata dal piacere intenso che provo quando mi penetrano e che cerco di trasmettere nei racconti. Di sicuro c'è che spesso l'attenzione che ci mettono nel farmi godere, oltre a prendersi la loro parte di piacere, porta a delle scopate dai tempi... giusti, diciamo. Il momento dell'eiaculazione si può controllare, fino a un certo punto. Ti trattieni, ti fermi, ti fai fare o fai qualcosa che presumi che non ti porterà all'orgasmo e poi riprendi magari l'attività preferita. È un giocare continuo con l'altro, un botta e risposta senza sosta, finché accade ciò che deve accadere (ma alle volte no: per esempio, nel racconto dell'8 febbraio, Movimento, alla fine si capisce che io non ho eiaculato, R. sì).
RispondiEliminaIo trovo meraviglioso questo tuo modo di raccontare quello che alla fine è sesso, nudo, crudo, quello che preferisco anch'io. Fare l'amore è un'altra cosa. A me piace l'uomo che si occupa moltissimo di me, come fossi un corpo senz'anima e cuore, a letto.
EliminaEstrella, penso tu abbia colto nel segno. Anche a me piace, eccome, e non ho (più) paura a dirlo. Molte volte ho pensato che fare l'amore è un'altra cosa e in passato gli attribuivo un valore maggiore. Oggi so che non è così, che entrambe le situazioni possono essere belle e appaganti, ma sono differenti e hanno uguale dignità.
EliminaOgni volta è come se leggessi una storia d'amore, una di quelle a cui ancora si vorrebbe poter credere.
RispondiEliminaOgni volta, mi commuovo.
Perchè dentro le tue scopate, c'è sempre qualcosa di più.
Devo dirti onestamente che io non l'ho mai vista così, tranne con R. Con lui è almeno in parte diverso perché in quel caso ci sono in gioco anche dei sentimenti che vanno oltre la pura carnalità. Però chi lo sa, forse ha ragione fabrax, più sotto, quando dice che anche questo è amore. Per dirla alla Vecchioni, magari.
Eliminaanche questo è amore
RispondiEliminaForse. In questo senso: darsi a qualcuno, anche solo per permettergli e permetterti di soddisfare un impulso carnale, è uno scambio che implica una certa forma di generosità e quindi di vicinanza (anche solo momentanea e brevissima) con un altro essere. Make love not war non l'ho inventato io. Penso avessero ragione.
Elimina"...far merenda coi nostri corpi"
RispondiEliminaTi leggo da un po e a parte la passione intensa delle tue descrizioni mi colpisce sempre qualche dettaglio, che rende i tuoi racconti così "veri"...
Grazie, anche per esserti palesato, così scopro un nuovo blog.
EliminaCredo che Estrella abbia ragione, qui c'è sesso NUDO e CRUDO
RispondiEliminaE perché no?
EliminaInneres, help me. Ogni volta che cerco di entrare nel tuo blog e commentare, non mi lascia entrare. Non mi lascia nemmeno vedere il tuo profilo, che intuisco essere greco. Scherzi a parte, mi mandi una mail? Grazie.
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