Ansiose contraddizioni ansiogene. Il desiderio di una vita nuova, di uno scatto in avanti, deve fare i conti con la realtà, fatta di sentimenti pervicaci, radicati, che mi fanno soffrire e mi mandano completamente in tilt: il cervello ragiona e prende decisioni che prontamente disattende, il cuore batte per conto suo e dice sì a troppi ragazzi, tutti giusti, il culo si apre a tanti cazzi, tutti sbagliati.
Alla fine resta un senso d’impotenza, di espropriazione non tanto del mio corpo ma della mia stessa anima che starà vagando da qualche parte, dispersa: dev’essere molto lontana da me, ma non dispero di ritrovarla, un giorno, dopo che avrò raccolto le forze. Per il momento resta la carta igienica sul comodino, bagnata di sborra colata dal preservativo srotolato dentro e una vistosa macchia umida nel mio letto. Chissà se, quando gli altri scrivono “nella stanza c’era odore di sesso”, sentono quello che sento io in questo momento: odore di sborra.
Da quella porta è entrato un uomo. Si chiama T. e non si depila né si accorcia i peli in nessuna parte del corpo. Sono ben distribuiti tra petto, pancia e gambe. Capelli corti e pizzetto. Non sa baciare e a malapena sa toccarmi, palparmi il culo, mentre ancora in piedi saltiamo i convenevoli: “Ho un’ora”, mi dice, ma sono certo che si fermerà di più. Ha l’anello al dito ed è venuto qui per assecondare i suoi gusti. Sullo sfondo, lontani ma presenti, quella moglie con la quale scopa, ma moderatamente, e il figlio piccolo. Con me, come con gli altri, sarà, invece, smodato.
Cerco piacere senza complicazioni. Tutto in questa vita è relativo, possono sembrare tanti o pochi, però faccio due o tre incontri a settimana. E va bene, certo lo faccio sempre con molta discrezione, però mi sento bene, non sto male con me stesso.
Ha dei bei capezzoli, grandi, si fanno largo tra i peli e io ci gioco un po’ mentre intrufola la mano tra i miei vestiti e mi toglie la parte di sopra. Presto li abbandono perché non diventano turgidi e non mi pare che gli piaccia quello che sto facendo e quindi nemmeno io mi diverto. Metto una mano sui suoi slip e sento che sarebbe fisiologicamente già pronto alla monta. Se io ora mi girassi e mi abbassassi gli slip offrendogli ciò che viene cercando...
A me piace soprattutto metterlo nel culo, anche se a volte mi basta solo un pompino. Non succhio cazzi e non mi faccio inculare.
Invece no, mi inginocchio davanti a lui e gli tolgo gli slip. Davanti al mio viso, adesso, il suo cazzo duro, perfettamente perpendicolare al corpo, alla base i coglioni, grossi.
18, grossa e resistente.
È vero. Riesco a cacciarmela fino in gola però con molta fatica. Sospira e mi dice: “Mettiti sul letto”. Stacco la bocca dal suo cazzo e mi distendo sul mio letto, a pancia in su. Lui allora afferra i miei slip e me li toglie rapidamente. Resto con le gambe aperte e flesse verso il mio petto, chiaramente disponibile a un contatto più intimo. Seguo il suo sguardo che si posa sul mio cazzo o, più probabilmente, sul mio buco. Si distende sopra di me ed è allora che realizzo che sarà difficile soddisfarlo. Insinua il cazzo durissimo tra le mie cosce, lo spinge tra le mie palle e il buco del culo, lo struscia al lato del mio uccello. Mentre mi bacia, cerco con la mano i suoi coglioni, li voglio accarezzare.
Quando finalmente si erge allontanandosi un po’, colgo l’occasione, metto la testa fra le sue gambe e ricomincio a sbocchinarlo. Vado su e giù e nel frattempo mugolo e sbavo tanto che insalivo anche le palle. Allora si distende a pancia in su, per offrirmi meglio la nerchia e, al tempo stesso, osservare lo spettacolo. Vado su e giù con la bocca prima lentamente poi più rapidamente, poi lo lecco dalla base alla punta, poi gli lecco anche i coglioni e li succhio delicatamente. Tutto quell’armeggiare intorno al suo cazzo lo fa deliziosamente soffrire, finché mi mette una mano in testa e vuole che ritorni al servizietto precedente: “Succhia”. E io lo faccio, impugnando di tanto in tanto il cazzo e guardandolo in viso con la bocca aperta, affamata.
“Dimmi quello che vuoi adesso”, mi domanda malizioso a un certo punto.
“Voglio essere penetrato”, rispondo obbediente.
“Chiedimelo di nuovo...”.
“Voglio il tuo cazzo nel mio culo”.
“Mi vuoi dentro di te?”.
“Sì”.
E mi fa distendere, ancora a pancia in su, di nuovo con le gambe aperte e flesse verso il mio petto. Si alza e prende dalla giacca il flaconcino di lubrificante e la scatola di preservativi. Mentre se ne srotola uno sul cazzo, io metto un po’ di gel su due dita e mi apro il buco. Gli passo il lubrificante perché ne metta un po’ anche lui sul cazzo. Poi lo vedo impugnarsi quel bel bastone duro, avvicinarlo al mio culo e spingerlo dentro di me. La cappella non è più grossa del resto del cazzo, sicché entra facilmente. Però poi comincia a spingerlo dentro e io sento una fitta. Mi sorride e non so se è per rassicurarmi o perché la mia smorfia di dolore lo eccita ancora di più.
“Aspetta un attimo...”, gli dico.
“Aspetterò tutto il tempo che vuoi”, mi risponde deciso. Tuttavia non mi chiede se mi sta facendo male, né la toglie da dove la sta piantando. Invece mi bacia e la fa scivolare dentro ancora un po’, però il dolore non passa. Mi sgancio dalla presa sfilandomi da sotto. Il cazzone esce e io mi metto subito a pecorina.
“Così andrà meglio”, gli dico portando una mano sulla sua natica e spingendolo verso di me.
Ecco la posizione che mi si addice. Senza più causare alcun dolore, ecco la nerchia di T. farsi largo nel buco e sparire rapidamente nel mio culo. Adesso ansimo di puro piacere e T. può cominciare a dilatarmi con grandi colpi di cazzo. Ora mi sta inculando con forza e presto raggiunge un ritmo molto sostenuto. Posso sentire i suoi coglioni sbattere contro il mio corpo, una sensazione che mi manda in estasi.
“Distenditi!”, mi ordina a un certo punto mettendomi una mano sulla testa e un’altra sul culo e spingendomi verso il basso. Capisco quel che sta per succedere: probabilmente un po’ affaticato dalla pecorina, vuole che stia allungato a pancia in giù per penetrarmi stando disteso su di me. Così è, infatti. Mi introduce di nuovo il cazzo e ricomincia la monta, questa volta però sento quasi tutto il peso del suo corpo su di me e i colpi che dà col bacino sono molto potenti. Senza interrompere i movimenti, mette le sue braccia sulle mie, allargandole, e apre le sue gambe costringendomi a divaricare le mie. Vuole avermi immobile, sottomesso, completamente aperto e disponibile. Siamo eccitati entrambi e ansimiamo e probabilmente quel contatto così stretto fra i nostri corpi fa sì che T. si lasci andare ancora di più alla propria libidine. Infatti, ora mi incula rapidissimamente, dentro e fuori, ora si blocca all’improvviso e con un colpo secco, fortissimo e violento, sbatte il cazzo fino in fondo al mio culo. Ogni volta che lo fa, emetto un grido di piacere.
Dopo un bel po’ di questo trattamento, T. sfila il cazzone, si mette in piedi vicino al bordo del letto ed è lì che capisco quanto gli piaccia lavorare sui contrasti, sugli estremi.
“Mettiti a pecora, dài. No... Con le gambe chiuse, chiudile bene!”, mi ordina. Ed è così che mi vuole ora: inginocchiato col culo in alto, proteso verso di lui, ma col buco più stretto possibile. Dopo avermelo chiavato per bene e dilatato fino in fondo, adesso desidera sentire una maggiore pressione intorno all’uccello. Eccolo accontentato.
E mi spinge di nuovo dentro la nerchia, e prende le mie braccia perché le porti dietro di me, e mi tiene così, appoggiato sulle sole ginocchia, aprendomi di nuovo, inerme. Poi, un altro cambio. Mi fa mettere disteso a pancia in giù in un angolo del letto però con le gambe aperte sui due lati dell’angolo e i piedi che toccano terra. Sento che osserva il mio buco ed è molto eccitato. Con la coda dell’occhio lo vedo stringere con una mano il cazzo e con l’altra un suo capezzolo. “Come si apre bene il tuo culo...”, mormora. E, mentre lo dice, gioca con la cappella sul mio buco, facendola ruotare sul bordo. Poi mi penetra delicatamente fino in fondo e la sfila fino a che non è uscita tutta, più e più volte. Mi sento apertissimo e molto eccitato. Dopo un po’ mi dà una pacca sul culo:
“Rimettiti a pecorina, dài, ché mi manca poco...”.
È così che vuole venire, dunque. Ricomincia una cavalcata selvaggia, si sporge in avanti e mi afferra l’uccello, masturbandomi. “No...”, gemo, ben sapendo che, eccitato come sono, mi basta pochissimo per terminare.
“Vieni, dài... Vieni!”. È un ordine e io ormai non sono più in grado di mantenere il controllo. Ansimando e scosso dai movimenti di T., mi lascio andare schizzando il letto. Allora lui, rimanendo dietro di me, alza le ginocchia e le porta ai miei fianchi, inculandomi a pecorina, però restando sopra di me e appoggiandosi solo sui suoi piedi e, con le mani, sulle mie spalle. Sto ancora ansimando quando il suo respiro si fa più pesante, geme, sta venendo ed ecco, finalmente, sento le contrazioni del suo cazzo dentro il mio culo.
Mi è piaciuto il tuo culo, si può penetrarlo bene. Al principio sembri un ragazzo delicato, ma sei abbastanza resistente. Come hai visto, mi piace cambiare ritmo, inculare rapidamente (come si dice, “a sangue”), però immediatamente dopo vado più lento, magari infilando solo la punta per aprire un po’ o per giocare col buco aperto del passivo...
Bentornato. Adoro il tuo modo di scrivere, di usare sempre le parole giuste. I tuoi racconti non si leggono: si vedono.
RispondiEliminaGrazie Estrella! Sarà forse perché io li vivo e poi li scrivo.
EliminaNon sarai delicato nel corpo, ma sicuramente lo sei nell'anima...
RispondiEliminaGrazie, non so come fai a esserne certa, però grazie davvero.
Eliminaè la sensazione che vivo quando ti leggo.
EliminaHai quella sorta di dolcezza che riesci a trasmettere anche quando racconti particolari belli tosti...