Non è stata la prima volta a casa mia. È stata la seconda, per la precisione. Gli avevo promesso pillole e carezze, contro i postumi della sbornia che si era preso a Capodanno. Aveva declinato i medicinali, ma aveva scritto: “Guarda che vengo a prendermi le coccole, eh”. “Esiste un modo migliore per cominciare l’anno?”, mi ero chiesto, fra me e me.
E così ecco Ale salire le scale sorridendomi, minuto e infreddolito, nei suoi pantaloni troppo stretti, il giubbottone e i guanti. Il primo di un miliardo di abbracci. Ma allora siamo contenti di vederci?
E parliamo e ci prepariamo un tè in cucina, poi lo sorseggiamo, seduti sul mio letto. E parliamo. E parliamo. Finché la vicinanza non fa il suo dovere. Mi prende all’improvviso la bocca con la sua. Ci stringiamo in un abbraccio che mi dà l’acquolina, che lubrifica le nostre labbra che si sfregano le une contro le altre, mentre il respiro si agita e il cuore vorrebbe uscire dal petto e gridare: “Esisto”. Se riuscissi a pensare, ne uscirebbe qualcosa come: “Che non smetta mai”.
Ci spogliamo poco a poco, pezzo dopo pezzo. Le mie dita trovano subito i suoi capezzoli, già così duri e circondati da peli corti e biondi. La sua lingua è sul mio collo e scivola verso l’orecchio. Ho i brividi. Poi è una confusione di mani che carezzano, palpano, stringono e di bocche che cercano affannate qualcosa da baciare. Quando i cazzi si liberano, si mette a succhiare il mio. Lo fa lentamente, con dedizione e molta saliva. Poi è il mio turno. Lui è in piedi vicino al letto e io me lo ficco in gola più che posso, perché è molto lungo. Non si accontenta dei miei movimenti rapidi, ma mi prende la testa fra le mani e si agita muovendosi avanti e indietro per scoparmi la bocca.
Sono solo le prove generali, interrotte da un suo gemito. Lo estrae, forse al limite dell’orgasmo, e mi fa mettere a quattro zampe. Mi schiaffeggia il culo con forza e a ogni colpo che ricevo, inarco di più il bacino. Ecco Ale, lo vedi come sono disponibile? Puoi farlo tuo. E allora lui s’inginocchia davanti al letto, appoggia la faccia sul mio culo e comincia una delle migliori leccate che abbia mai ricevuto. Non solo la sua lingua passa sul buco, adesso così ben esposto, ma lo penetra e lo morde e insiste, finché la porta si apre. Arrivano altri schiaffi, poi lui si inginocchia davanti a me, sul letto, perché io possa spompinarlo di nuovo. A un certo punto mi mette un dito in bocca, me lo fa succhiare come fosse un cazzo, mentre mi guarda. Poi mi porge nuovamente l’uccello, si china su di me, e mentre io gli faccio una pompa, lui esplora il mio culo.
Ho il buco aperto e il suo dito insalivato affonda facilmente, quindi ne inserisce un altro e un altro ancora e poi tira, strattona, come se cercasse la conferma della sua flessibilità. Data la situazione, e con il suo serpente ancora in bocca, non posso far altro che mugolare e attendere, paziente, ciò che desidero di più al mondo. Quando si sposta e si mette dietro di me, io mi adagio a pancia in giù mentre lui sfrega il cazzo tra le mie natiche. Ci sputa sopra, perché scivoli meglio, ma io allungo una mano dietro di me, lo impugno e punto la sua cappella sul mio buco. Voglio che mi faccia sentire com’è duro e che giochi con la mia apertura più recondita.
Così fa Ale per un po’ e io mi eccito e vengo sopraffatto, una volta di più, dalla voglia di tenerlo dentro, di sentire un contatto più intimo. Ehi, non così intimo, però. Ale fa scivolare dentro la cappella e poi, trovando la via completamente sgombra, mi sfonda il culo così, senza nessun complimento. Non ci stiamo dimenticando qualcosa, accidenti? Lo faccio uscire rapidamente, mi alzo e prendo un preservativo dal cassetto. Se lo mette, lo lubrifica e ricomincia il lavoro.
Mi fotte alla pecorina, prima lentamente, ma poi selvaggiamente, quasi con rabbia. I suoi movimenti sono molto rapidi, mentre con le mani mi afferra i fianchi e mi tiene fermo. Vuole che appoggi la testa e il busto sul letto, completamente offerto e sottomesso. Il mio buco si arrende presto alle martellate e si dilata completamente mentre gemo e Ale affonda dentro di me fino ai coglioni in una danza dannata. Un colpo particolarmente forte e mi ritrovo disteso a pancia in giù sul letto, con il suo bastone conficcato dietro. Che meraviglia questa melodia fatta del suo corpo che spinge nel mio con sempre maggior furia, il suo ansimare forte vicino al mio orecchio e il mio gemere per quel cazzo che invade la mia carne. “Mi manca poco... Vengo, io vengo”, mi avverte. E lo sento godere. Qualche istante più tardi, dopo aver gettato in terra il preservativo colmo di sborra, mi prende il cazzo e comincia a menarmelo, mentre mi masturba il buco. “No, non importa”, gli dico. “Non vuoi venire? Ti faccio un pompino”, mi propone. “No, davvero”. Per stavolta, va benissimo così.