mercoledì 29 agosto 2012

I piedi in testa

Il segno più evidente che qualcosa tra noi sta funzionando a un livello davvero profondo,  sarà il perdurare della dilatazione della mia parte più intima anche molti minuti dopo aver terminato la monta selvaggia che mi stai infliggendo, quando, per strada, proverò invano a camminare normalmente, nonostante gli sforzi disperati per contrarre il buco e farlo richiudere. Nei miei slip colerà e formerà una macchia un piccolo rivolo di umori intimi, misto di gel, di saliva e di una sostanza trasparente e vischiosa, sorta di lubrificante naturale prodotto dal culo in occasione di forti sollecitazioni, che non riuscirò a trattenere. Sotto il cielo nero della notte più fonda, percorrendo i trecento metri che dividono le nostre rispettive case, mi sentirò aperto, usato e scaricato, soddisfatto. E sporco. Irredimibilmente infangato e contento, come chi non vuol esser redento. E quasi che i pensieri, in una notte tanto greve, possano materializzarsi e farsi maschio, passerò vicino a un ragazzo straniero, probabilmente arabo, che sta pisciando sul marciapiede, senza curarsi del fatto che io lo veda, girato verso di me. Guardandomi, mi rivolgerà un richiamo, una specie di schiocco della lingua, al quale io risponderò osservando sfacciatamente l’uccello che tiene in mano. Allora lui dirigerà il getto, con uno scatto rapido, verso di me, bagnandomi di piscio il piede destro. Tirerò dritto senza dir niente, mentre lo ascolterò gridare non so quali improperi nella sua lingua. Non proverò quasi nessuno stupore: penserò che, in fin dei conti, marcando in quel modo il suo territorio, non ha fatto altro che includermi fra i marginali che abitano i bassifondi di questa città. Almeno per certi aspetti, penserò, ha perfettamente ragione.
Allora cosa sta funzionando tra noi? Non la rapidità con la quale mi hai convocato in casa dell’amica tua (lei assente), all’una di notte. Non il fatto che mi hai aperto la porta completamente nudo e col cazzo in tiro (“Ma... sei già eccitato!”, “Te l’avevo detto che avevo molta voglia...”). Non è la tua pelle olivastra, perfettamente liscia e tesa, non i tuoi occhi neri o il tuo corpo, così armonioso. Non le stupide corna di cervo appese alla parete che, nella penombra dell’unica fonte di luce del salone, cioè la tv, aggiungono solo altra inquietudine a quella che già provo. Non sono le tue labbra, che cerco di baciare inutilmente, e nemmeno i tuoi capezzoli, che non mi lasci stuzzicare perché “sai, i piercing che ho sono recenti”. Cominciamo così così, con te che ti stendi sul divano, le spalle appoggiate allo schienale e le mani incrociate dietro la nuca, gli occhi chiusi. Penso che hai già scritto il copione ma non ti degni di comunicarlo. Ma, come da copione, impugno il tuo cazzo con una mano e comincio a masturbarti. In un attimo ti viene di nuovo duro. “Ti piace il mio cazzo?” mi chiedi, serio. “Molto”, ti rispondo. Poi mi chino e comincio a succhiartelo. È lungo e grosso. Quando inizio a spompinare con più forza cercando di farlo entrare in bocca il più possibile, mentre palpo i tuoi coglioni, sento che gemi. 
“Hai portato il preservativo?”, mi chiedi. 
“Sì”, ti rispondo io, e subito ricomincio a succhiarti la minchia, ancora vestito di maglietta e pantaloni corti. “Ma come voleva fare sesso sicuro questo qui”, penso io con la bocca piena e guardandoti in faccia, “senza preservativo?”.
“Perché, tu non ne hai?”, ti dico io tenendo il tuo cazzo con la mano destra vicino alla bocca, quasi fosse un microfono (magari il messaggio ti giunge più chiaro). Sì, lo so, la mia indole polemica a volte sorge nei momenti meno indicati. Ma la risposta che mi tocca ascoltare rischia di mandare a monte quella che si rivelerà essere la miglior scopata della settimana... beh, del mese, va’: “L’ho cercato prima che arrivassi, ma col buio non l’ho trovato”. Arresto di colpo il movimento della mia testa, le labbra chiuse attorno alla tua asta, più o meno a metà. Ti osservo. “Glielo dico che ogni tanto farebbe meglio a pagare la bolletta della luce?”, penso. Tuttavia, un certo senso pragmatico torna a impossessarsi miracolosamente di me e mi consiglia di proseguire la suzione; e così faccio.
Piccola pausa per togliermi di dosso i vestiti, perché “aiutati che Dio t’aiuta”, come si suol dire. Sta andando proprio male con te, Al., perché qualche piccola attenzione la vorrei pure io. Ma non mi perdo d’animo, mi corico tra le tue gambe e mi ricaccio in bocca il tuo cazzo, per succhiarlo con rinnovato vigore. Finché cambi di colpo atteggiamento, esci dal tuo ruolo di “attivo passivo”, e diventi un altro. La svolta. Ti alzi e più che una domanda è un ordine: “Dammi il preservativo”. Mentre lo indossi, io spargo come posso un po’ di lubrificante sul mio buco, che sento stretto, troppo stretto. “Metti del gel qui”, altro ordine che mi dai, impugnando e agitando il tuo cazzo inguainato. Eseguo, passando e ripassando la mia mano destra sulla tua nerchia durissima. Sei molto eccitato e pronto a fare ciò che il corpo ti sta imponendo di fare. In me, invece, sensazioni contrastanti: una certa eccitazione per la tua intraprendenza e la libidine che trasudi, ma inquietudine per le dimensioni dell’attrezzo che vuoi far entrare dentro di me. 
Mi metti una mano sulla schiena e mi spingi forte verso il basso, perché assuma la posizione a quattro zampe. Mi afferri per i fianchi per aggiustare l’altezza del mio culo, mentre io lo sporgo e sento salire rapidissimamente l’eccitazione. Poi appoggi la punta del tuo cazzo contro il mio buco, spingi un po’ e ci fai entrare la cappella. Ed ecco quello che funziona! È l’unione del tuo bel bastone con il mio culo che tu, ora, sai rendere accogliente: entri pianissimo, millimetro dopo millimetro, facendo crescere lentamente la mia voglia e, proporzionalmente, il diametro dell’apertura. Solo due volte ti sento dare dei colpetti un po’ più forti, due o tre in rapida successione, come se tentassi di forzare un po’. Il tratto finale, quando ormai è quasi tutto dentro, lo percorri scivolandomi dentro come una lama calda può fendere il burro. In quel preciso momento io non sono niente di più che un animale in calore giustamente sottoposto alla monta di un altro animale infoiato come me. Anche per questo gemo forte.
“Zitto, zitto!”, mi intimi. È vero, la finestra che dà sulla strada è aperta, ma certe espressioni non riesco proprio a controllarle. Mi stai chiavando con una forza brutale, dando colpi su colpi. Sembra che tutta l’energia del tuo corpo passi dai fasci dei tuoi muscoli al tuo cazzo e poi, attraverso il culo che stai trapanando, a tutto il mio corpo. A volte rallenti un po’, poi ti diverti ad accelerare di nuovo e poi ancora vuoi sottomettermi a tutte le tue voglie. Me lo sbatti dentro con tale violenza e cercando di fare in modo che entri talmente tanto, che tutto non è ancora abbastanza; mi monti, sempre da dietro, stando col busto sopra di me, appoggiandoti con i piedi e tenendo le ginocchia flesse attorno ai miei fianchi, con il tuo cazzo che entra ed esce come uno stantuffo, quasi perpendicolare al mio buco; mi tiri per i capelli mentre continui a incularmi forte, oppure mi tieni per le spalle, per ridurre l’ondeggiamento del mio corpo; appoggi il ginocchio destro accanto al mio e, sempre dandomi dei colpi, allunghi la gamba sinistra fino a che il tuo piede non schiaccia la mia testa contro il divano su cui mi stai prendendo. Io grido sempre più forte perché godo come raramente mi capita e tu continui a dirmi: “Sssh, ssh!”. A tratti mi metti anche una mano sulla bocca perché sai che mi stai penetrando violentemente e che non posso far altro che gemere. Durante un tempo che a me pare infinito, m’inculi premendomi la faccia contro il cuscino del divano, in modo che io possa gridare senza essere udito. Poi mi parli da dietro, senza interrompere il tuo va e vieni, ma riducendo moltissimo la forza e la velocità, e io giro il capo e ti osservo dire: “Volevi cazzo? Eh? Volevi cazzo, sì o no?”. Sibilo un “Sì”, mescolato a un gemito. “Allora adesso lo prendi e stai zitto!”. E ricomincia la monta.
Ecco quello che sta funzionando. Il tuo fiuto animale ha capito esattamente ciò di cui avevo bisogno: e tu me lo dai. Di tanto in tanto, per sei o sette volte, estrai completamente la nerchia ed osservi il mio buco, fai colare dalla tua bocca un po’ di saliva, e riprendi a martellare. Ad un certo punto, mi fai mettere in piedi, abbracciato a una trave verticale che spunta dal pavimento e, facendomi divaricare le gambe e appoggiarne una sul divano, ti garantisci, furbetto, la migliore apertura del mio culo. “Così, così, troia!”, mi sussurri mentre me lo ficchi dentro fino in fondo tanto da farmi quasi male. Poi: “Di nuovo a pecorina!”, ordini. Ti metti in piedi dietro di me, con uno strattone mi tiri per i fianchi per avvicinare di più il mio culo a te, e inizi a incularmi a un ritmo via via più sostenuto. “Adesso ti sborro”, mi avverti infine. Con i miei gemiti ti incoraggio a farlo. Ti sento ansimare e finire dentro di me. Ancora in preda al piacere dell’orgasmo, ti pieghi su di me. Con una mano, raggiungo anch’io rapidamente l’orgasmo. Poi, prima che tu sfili definitivamente il tuo cazzo, allungo una mano dietro per toccarti i coglioni appena svuotati.
“Adesso posso andare a dormire tranquillo”, mi dici qualche minuto dopo, osservando l’orologio: sono le due e mezza. Con una certa sorpresa da parte mia, sei tu a lanciare l’esca: “La prossima volta”, mi dici, “dovrà essere a casa tua, perché io in realtà sono ospite qui solo per qualche giorno ancora e sto cercando un altro appartamento in affitto. È un casino”. “Non ti preoccupare, Al.”, ti dico amichevolmente, “a rilassarti ci penso io”.

20 commenti:

  1. Almeno sarai più libero di librar la voce come più ti piace!!!

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    1. È vero! :-) Ieri ho lanciato un segnale di fumo, ma senza successo. Stiamo un po' a vedere.

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  2. Travolgente, non c'è altro da aggiungere...

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    1. Sei l'unica che sembra averla notata...

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    2. ultimamente l'uccello mi piace più del solito... tanto tanto tanto

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    3. Oh, a me invece piace sempre tanto tanto tanto. Poi, chiaro: questo in particolare mi è piaciuto più di altri, ma è dipeso anche dal modo in cui è stato usato.

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    4. No no, non è l'unica. Cazzo! :-))

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    5. Mi pareva che non potesse essere l'unica intenditrice da queste parti! Io questo lo devo rivedere...

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  4. "...a rilassarti ci penso io!"
    Se questo lo chiami rilassarsi! :-)

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    1. Avrei forse dovuto dire: "scaricare le tensioni accumulate di giorno attraverso opportuna eiaculazione"? :-)

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    2. Naaaa...troppo "political correctly"!

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    1. Che cosa, in particolare? ;-)

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    2. Un po' tutto, ma come sai adoro il tuo modo di descrivere. Mi immedesimo, mi piace, mi eccita. Moltissimo.

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  6. Molto intenso, molto vigoroso... mi piace !!! ; )

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