domenica 17 giugno 2012

Uno


Ci lasciamo all’ingresso della stazione della metropolitana con la promessa di chiamarci e di rivederci presto. C. farà ritorno a casa sua mentre io mi dirigo verso il centro. È una di quelle innumerevoli, splendide giornate calde nelle quali il sole sembra non voler tramontare mai e il cielo è d’un azzurro denso e compatto, vergine. Sono questi i momenti in cui adoro di più questa città.
Scosso dai movimenti del vagone, compongo il numero della segreteria telefonica e ascolto il messaggio che mi ha lasciato R.: “Ciao, come va? Hai bisogno di un maschio? Se la risposta è sì, chiama!”. Senti, senti, R. versione maialetto, quanto mi eccita. La sera comincia a prendere un’altra piega proprio nel momento in cui mi accorgo che, un’ora fa, mi ha lasciato anche un messaggio via Whatsapp, riferendosi alla musica che gli avevo chiesto di poter trasferire sul mio computer: “Ti va di scaricare musica dal mio apparato riproduttore mentre giochi con l’altro mio apparato riproduttore? L’offerta scadrà quando scoppierò e dovrò masturbarmi”. Rido come uno scemo, seduto tra due passeggeri. “Dimmi che hai resistito”, gli scrivo. “Sì”, mi risponde immediatamente. “Yessss!”, giubilo io. “Sono disperato”, continua, “voglio sborr...”. “Tieni(lo) duro! Dammi il tempo di arrivare, sono ancora lontano”. “Dove? Posso portare il giochino che ho comprato l’altro giorno...”.
Insomma, è evidente: R. ha molto caldo stasera e ha voglia di spassarsela più ludicamente del solito. Sia lodato Priapo! Sempre sia lodato. Sorrido dentro di me pensando a quello che ci aspetta e mi piacerebbe che il conducente le saltasse tutte queste maledette stazioni, per catapultarmi direttamente sotto casa. 
Sicché: mi faccio una doccia rapida, scambio ancora frenetici messaggi via Whatsapp perché nella fretta il giochino se l’è dimenticato e se n’è accorto una volta sceso nella metro. Quindi deve tornare a casa, correre di nuovo verso la stazione, e infine eccolo qui, bellissimo mucchietto d’ossa con barba, occhi azzurri, occhiali, maglietta e pantaloni corti,  polpaccetti pelosi, scarpe da ginnastica, apparati riproduttori e giochino erotico. Abbraccio caloroso non troppo, bacio sulla bocca. 
E adesso sono distrutto. 
E ma va, non dirmi, proprio ora che sei qui. 
E aaaah sì, mi sa che ti dovrai dare molto da fare. 
E tu non preoccuparti, intanto mettiti comodo e dammi il primo apparato che lo collego al computer.
Quindici giga di file audio e svariati minuti per capire dove poterli immagazzinare. Tempo previsto per scaricare il tutto? Un’ora circa. Quanto basta per giocare un po’ fra noi. Mi siedo sul divano al suo fianco e comincio a slacciargli la cintura. Meno male, ha ancora un po’ di forza per collaborare: si toglie tutto in una volta, perché cosa fatta capo ha. Anch’io mi spoglio completamente. Poi si distende sul divano e mi dice, guardando il suo cazzo floscio: “È un po’ timido stasera”. Già, già. Allora lo bacio sulla bocca, ripetutamente, e ripetutamente scendo con la bocca sul collo e poi gli lecco un orecchio, lo mordo e lo succhio con la segreta voglia di staccarglielo, di sbranarlo intero. Sono inginocchiato in terra mentre lui sembra disteso su un altare sacrificale; potrei prenderlo tra le mie braccia e simulare una Pietà, uscir di casa con lui così come siamo, nudi, e mostrarci al mondo per quello che siamo. Ecco i nostri corpi, sì, due uomini che si amano, son forse brutti?
Ma le mie mani sfiorano ora quel corpo villoso, la sinistra s’intrufola malandrina tra le sue cosce, cerca il suo culo, l’altra carezza il petto e delicatamente - come piace a lui - stimola i capezzoli. Stanotte si gioca alla pari e qualche variazione la introduco io, caro R. “Posso leccarti il buco del culo?”. Non capisce o è stupito. “Posso leccarti il culo?”. Accenna un sì con la testa e io allora gli sollevo le gambe. Eccoti esposto come di solito non sei, caro R., la tua parte più intima a disposizione. Lecco il suo buco e spingo un po’ dentro la lingua. Il suo cazzo, quel suo bel cazzone, ha ripreso vita, turgore, magniloquenza. E finisce nella mia bocca, ovvio, però adesso Milk per favore: coordinamento e concentrazione. Perché mentre lo spompini devi portare la tua mano sinistra al suo culo dove il dito indice sfregherà delicatamente il buchetto insalivato di R., mentre con la mano destra darai energici scossoni al tuo, di cazzo, orfano di maschie carezze.
Il quadro è completo, mano e bocca di Milk ben impegnati a dare piacere al caro R., probabilmente concentrato e inquieto per quanto può accadere alla sua più recondita intimità, finora così poco violata. Entra. Poco a poco, con molta delicatezza, ma entra. “Mettici lubrificante, è meglio”. Ma certo, che problema c’è. Eccoti servito. Si muove lui stesso per far entrare di più il mio dito e respira profondo, mentre il suo cazzo pare scoppiare nella mia bocca e il mio nella mia mano. Mi carezza la schiena, il culo. Quando cerco di mettergli due dita: “No, scusa, mi fa un po’ male...”. Va bene, torniamo allora a uno solo, ma stavolta cerchiamo di stimolare la prostata. Lo sente. Gli piace. Ma a un tratto supplica: “Toglilo, per favore, adesso brucia. Vorrei provare il giochino”. 
È un tubo in una sostanza gommosa trasparente, composto, per dir così, da anelli di diseguale diametro, in modo che il cazzo, una volta infilato, possa essere adeguatamente stimolato manualmente, facendo scorrere l’attrezzo lungo l’organo stesso. Ah, e c’è una sorta di “morsa”, dello stesso materiale, per stringere i coglioni alla base e farli partecipare del movimento. Cospargo l’interno del tubo con lubrificante e glielo porgo perché lo indossi. Lo osservo masturbarsi e mi sembra che gli piaccia. Io lo tocco e... mi tocco. E lo bacio. E, insomma, sono qui R., sono qui con te, cucù. Sembra leggermi nel pensiero: “Adesso ti chiavo”, mi dice sorridendomi.
E si toglie dal cazzo il giochino e si mette in piedi mentre io assumo la posizione che preferisco: alla pecorina, le ginocchia sul bordo del divano, la testa quasi contro la parete. Sporgo il culo, glielo mostro, lo apro con una mano mentre lui indossa un preservativo, sparge qualche goccia di gel sul suo cazzo e poi lubrifica il mio buco. Mi piace sentire la sua mano decisa, due dita che entrano di colpo e allargano, si fanno strada rapide, con movimenti frenetici, nel mio culo già dilatato dall’eccitazione. Non ha bisogno di perdere tempo in preliminari: lo sbatte dentro in un solo colpo, fino in fondo. E mi piace quel possedermi in maniera brutale, la soddisfazione di una sua necessità che però è anche mia.
Sto provando un godimento intenso, giro la testa e gli sorrido mentre mi incula con forza e si sfiora i capezzoli. Ansimo perché la sensazione piacevole che si espande da dietro al resto del corpo, risale fino alla testa e lì pulsa e lì batte, come se mi stesse chiavando tutto intero, dalla testa ai piedi. Di tanto in tanto interrompe i movimenti di va e vieni e ne compie alcuni in senso circolare, come a voler allargare il buco ancora di più, regalandomi nuove sensazioni.
Poi riprende la cavalcata e sento che il ritmo aumenta. Giro la testa verso lo specchio. Non ho voluto farlo fino adesso perché conosco ormai la sensazione di vertigine che mi dà vedere un maschio penetrarmi, entrare nel mio corpo, ficcarci il cazzo e spingere. Vedo i muscoli delle sue gambe contrarsi, il suo bacino muoversi avanti e indietro, il suo bastone grosso e duro entrare e uscire dal mio culo, i coglioni ondeggiare. Le mie gambe sono piegate, aperte, il mio culo offerto. La sensazione di piacere si fa così intensa che diventa quasi insopportabile. Contraggo volontariamente lo sfintere e l’effetto è praticamente immediato: sento il cazzo di R. diventare, se possibile, ancora più grosso. Lo sento ansimare, mentre adesso i colpi si sono fatti più violenti. Sono certo che gli manca poco per terminare e io non oso toccarmi il cazzo: verrei all’istante.
“Sto per venire”, mi avverte concitato, ed io gli rispondo: “Sì, sì, sì”. Mentre io sborro sul divano, R. si lascia andare al suo orgasmo più bello ed intenso, e sono tante “oooooh!” prolungate, accompagnate da colpi secchi, distanziati e profondi e poi piccoli tremiti, come dei sussulti, mentre si china su di me e grugnisce il suo piacere più vicino alle mie orecchie. Una volta di più, vorrei che non uscisse da me, vorrei illudermi di averlo catturato, di averlo fatto mio come lui mi ha fatto suo. Ma ecco che si ritira soddisfatto.
Ha finito di scaricare? Sì, sentiamo un po’... e passiamo due ore tra file audio e video su Youtube. La musica è il pretesto per parlare di noi, di ricordi, di sensazioni andate e forse perdute per sempre. Come eravamo e come siamo. Del come saremo, neanche mezza parola. “A questo punto, o me ne vado a casa adesso o mi fermo a dormire qui”, mi dice quando sono ormai le due e mezza. “Fermati qui. Domani mattina andiamo a fare colazione fuori presto così non saremo in ritardo al lavoro. Che ne dici?”. “Io mi sto divertendo”. Sarà il suo modo di dire sì...
Più tardi facciamo ancora qualche chiacchiera al buio, distesi nel letto. Quando gli dico “buonanotte”, mi mette una mano sulla pancia e io allora gliela carezzo. Ci addormentiamo così, di nuovo scopamici. La mattina dopo, le sveglie dei nostri cellulari non vogliono proprio far passare le sette senza buttarci giù dal letto. Meglio, dal tatami. R. è girato di schiena, dorme solo con gli slip. Gli bacio il collo e poi ricamo con la bocca la sua schiena giù giù fino al culo. Gnam. Non so dire se ne è cosciente ma finge di no oppure se è ancora addormentato. Fatto sta che, poco dopo, per strada, è meno scorbutico e intoccabile dell’altra volta che ci siamo risvegliati nello stesso letto, occasione che sicuramente avrà già rimosso e dimenticato, distratto e poco interessato com’è.
Godo della sua presenza ancora qualche minuto, mentre al bar sorbiamo il caffè e le prime notizie catastrofiche della giornata vomitate dalla tv. Poi è un bacio sul marciapiede a dirci arrivederci, ci sentiamo, alla prossima. Buona giornata, R.
***
Ma davvero vuoi gli altri episodi di questa insensata trilogia? Il primo è qui e il secondo qui.

11 commenti:

  1. carina l'inversione seppur momentanea dei ruoli... per il resto leggerti mi sconvolge sempre

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    1. Se ti sconvolge leggermi non oso immaginare cosa ti farei se mi vedessi.

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  2. ciao splendido maschio, l'altro ieri ti ho inviato una mela

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    1. L'ho appena sgranocchiata. Non dimenticarti che questo culetto ha una vita, complicata per di più...

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  3. ahhh io vengo ancora a trovarti!! ;-)

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    1. Ancora? Quindi sei già venuta? Dimmi qualcosa di più, che sono curioso.

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  4. Dipende da cosa intendi ;-) Oggi sono arrivata qui,ho letto,mi e' piaciuto cosa scrivi e come scrivi a allora ho deciso che verro' ancora a leggerti...Se non ti dispiace.

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  5. Ah, adesso ho capito! Dispiacermi? Scherzi? Benvenuta, piuttosto.

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