domenica 5 febbraio 2012

Pene (nel senso di dolore)

Devo mettere un po’ d’ordine in questa mia piccola testa di cazzo. Quando e come è cominciato tutto questo? Quasi tre mesi fa, chattando. Cercando cosa? Sesso. È stato R. a contattarmi per primo. “Ciao, bel corpo”. Che cercassi solo quello, era evidente.
“E tu?”
“Io cerco l’amore... ma nel frattempo non disdegno il sesso. Anche perché penso che da lì può venire qualcosa di più. Cerchi sesso solo per una volta?”.
“Mi piacerebbe di più poterci rivedere, se ci va. E tu?”.
“Se ci piacciamo e ci piace quello che facciamo, sì”.
Oggi, in questo momento, gli invidio quella serenità olimpica, che io ostentavo all’inizio (per me è solo sesso, baby, come con gli altri) e che ora ho perso.
Mi ha fatto penetrare nel suo mondo, fin dall’inizio. È venuto a cercarmi alla fermata della metro (“che giornale avrai?”, gli avevo chiesto per scherzare; “nessuno, però se vuoi mi metto un berretto”), poi, una volta in casa sua, mi ha fatto un panino perché gli avevo detto che non avevo pranzato. Ha cominciato a baciarmi in cucina, il più bel “benvenuto” che abbia mai ricevuto (“scusa il disordine” e io mi metto a ridere e balbetto qualcosa; “poteva anche essere peggio, no?”). Poi abbiamo bevuto una birra seduti sul divano del suo salone. La vicinanza mi turba e allora parlo, chiedo, m’informo. Risponde sorridente, mi guarda molto, mi posa una mano sulla coscia. “Sai suonare il piano?”, gli chiedo, notando che ce n’è uno nel salone. Sorride. “Sì, vuoi che suoni qualcosa?”.
Ecco, mi ha conquistato già. Adesso può succedere qualsiasi cosa. Infatti, dopo aver suonato, torna a sedersi sul divano e mi bacia. Cominciamo ad accarezzarci, come due animali che si annusano e si studiano un po’. Sento crescere l’eccitazione e scopro subito il suo punto debole: passo le dita sulla sua maglietta in corrispondenza di un capezzolo, gli piace da morire. “Stai comodo?”, mi chiede a un tratto. Ohibò, bizzarra domanda. “Sì, molto”. “No, lo dicevo per sapere se vuoi che andiamo in camera”. Ah, già, che scemo. Mi prende per mano, letteralmente, e mi accompagna fino al letto. È dolce. Avevo intuito che lo fosse, ma non così tanto. Ha gli occhi chiari, i capelli corti, la barba curata, un bel sorriso. La pelle è bianca e morbida. Non si depila minimamente (ha il petto e la pancia ricoperti di un pelo non troppo fitto, morbido) e un cazzo bello grande, come le palle.
Stop. Il punto è: mentre mi fa penetrare il suo mondo (mi presenta amici, usciamo a prendere qualcosa, mi parla di sé, della sua storia complicata e a tratti molto dura, della sua famiglia, dei suoi studi, del suo lavoro...), l’unica cosa che di me interessa a lui penetrare è il mio culo. Perché chiede poco, e ascolta ancora meno. E così, mentre io mi perdo, assurdamente e inaspettatamente, nella sua bocca, nei suoi gesti, nel suo modo di fare... lo perdo. Me ne (invaghisco? infatuo? innamoro?) e lo perdo. E mi perdo. 
Se per lui io sono solo uno svago in attesa della “persona giusta”, se per lui è solo sesso e per me doveva essere solo sesso, perché adesso sta diventando così importante?

2 commenti:

  1. "Mai sottovalutare le conseguenze dell'amore" (cit.)

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    1. Ci vorrebbe un cambio di prospettiva. Vivere a fondo anche questo, non perdere nulla (neanche la propria dignità), non avere aspettative e lasciare che le cose scorrano come devono. Attraversiamo fasi diverse? Pazienza. Ognuno farà quel che può.

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